Wuhan, la fuga del virus e i milioni di dollari del Pentagono al laboratorio dell'Hubei
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A Wuhan qualcosa è successo. Ma al momento nessuno sa con precisione cosa. La teoria strampalata attribuita ai cospirazionisti oggi pare essere una delle verità plausibili. La fuga del Sars-CoV-2 dal Wuhan Institute of Virology appare quantomeno veritiera.

Se la vicenda torna prepotentemente sulla realtà lo si deve agli Stati Uniti. Joe Biden ha dato 90 giorni di tempo alle agenzie Usa affinché gli esperti possano riferire che cosa è successo all’interno del laboratorio cinese. L’intelligence statunitense e le altre strutture nazionali dovranno capire se la pandemia di Covid è conseguenza di un accidentale fuga del patogeno dalla struttura cinese o meno.

La comunità scientifica spaccata

Sulla vicenda la comunità scientifica appare confusa. Da una parte c’è un discreto numero di esperti internazionali convinti dell’origine naturale del virus, mentre dall’altra non mancano altrettanti scienziati certi della fuga del patogeno dal WIV. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), al termine di una missione a Wuhan, in un rapporto pubblicato alla fine di marzo aveva definito “estremamente improbabile” l’eventuale uscita del Sars-CoV-2 dal laboratorio di Wuhan.

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I punti della vicenda

Al momento non vi sono certezze assolute in merito all’origine del Sars-CoV-2. Il “contenzioso” prosegue, ma la luce in fondo al tunnel, almeno a sentire gli addetti ai lavori, è ancora lontana. In un lungo reportage realizzato da Vanity Fair Usa sono stati messi in fila 12 passaggi fondamentali, contenenti le presunte motivazioni che confermerebbero la Lab-Leak Theory, la teoria della fuga (del virus) dal laboratorio di Wuhan.

Si parte con una ricerca effettuata da Gilles Demaneuf, uno scienziato dei dati presso la Bank of New Zealand di Auckland. In The Good, the Bad and the Ugly: a review of SARS Lab Escapes, Demaneuf ha scoperto che dal 2004 si sarebbero verificati ben quattro incidenti nei laboratori in cui si studiava la Sars.

Il laboratorio di Wuhan, secondo lo scienziato, non rappresenta un complesso di massima sicurezza nella sua interezza. Al contrario, sarebbe formata da molteplici laboratori, soltanto uno dei quali in possesso dei protocolli di massima sicurezza. Gli altri? Si baserebbero su protocolli “paragonabili a quelli di uno studio dentistico“.

Minacce e omissioni

A quanto pare alcuni funzionari del dipartimento di Stato Usa sono stati invitati a non portare avanti le loro indagini sulla fuga del virus dal WIV. Tra le altre informazioni la storia dei tre ricercatori del laboratorio di Wuhan ammalati nell’autunno 2019. Lo stesso fatto è stato riportato anche dall’intelligence Usa, anche se al momento la ricostruzione non è supportata da prove inconfutabili.

Il reportage americano, inoltre, punta il dito contro le censure e omissioni che avrebbe messo in campo la Cina per insabbiare quanto realmente accaduto a Wuhan. C’è poi il caso dell’articolo pubblicato sul web da due scienziati cinesi. Un articolo, ora rimosso, nel quale la coppia di esperti chiedeva come fosse stato possibile che un virus nato nei pipistrelli avesse raggiunto una megalopoli in pieno inverno, quando in quel periodo i pipistrelli sono in letargo.

Vengono poi messi in fila altri fatti, tra cui la strana epidemia locale avvenuta nel 2012 tra i minatori di Mojiang, nella provincia meridionale dello Yunnan. All’epoca Shi Zhengli, la più nota virologa cinese, aveva già iniziato a studiare i coronavirus provenienti dai pipistrelli. In un recente documento pubblicato da Shi e da alcuni suoi colleghi si riportava che il codice genetico del Sars-CoV-2 era identico all’80% a quello del Sars-CoV e al 96.2% alla sequenza genetica di RaTG13, una sequenza di coronavirus rilevata proprio nello Yunnan. Da qui l’ipotesi (ancora da confermare) che il virus possa aver accidentalmente contagiato un ricercatore del laboratorio di Wuhan.

Un fantastico giro di soldi

Se spostiamo l’attenzione, invece, sulla questione economica scopriamo che c’è una vera e propria connessione sotterranea tra alcuni enti statunitensi e il laboratorio di Wuhan. Questa volta nell’occhio del ciclone è finito anche il Pentagono, accusato di aver donato 39 milioni di dollari all’EcoHealth Alliance. L’EHA è un’ong che a sua volta, tra il 2013 e il 2020, avrebbe finanziato la ricerca sul coronavirus presso i Wuhan Institute of Virology. È il sito del Daily Mail a rivelare questa indiscrezione, dopo aver visionato dati federali diffusi online. Documenti che dimostrerebbero come EHA abbia ricevuto dal governo Usa complessivamente oltre 123 milioni di dollari. Non solo: l’ente avrebbe ricevuto pure 64.7 milioni dall’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID). Altri 13 milioni da Health and Human Service, che include il National Institutes of Health e i Centers for Disease Control.

La maggior parte dei finanziamenti del dipartimento della Difesa sarebbe provenuta, dal 2017 al 2020, dalla Defense Threat Reduction Agency (DTRA), un ramo militare con la missione di “contrastare e scoraggiare le armi di distruzione di massa e le reti di minacce improvvisate”. La sovvenzione sarebbe inoltre stata classificata come “ricerca scientifica: lotta alle armi di distruzione di massa”. Non è tuttavia dato sapere quanto di questo denaro sia effettivamente destinato presso il laboratorio di Wuhan. Pare però che l’EHA abbia finanziato i controversi studi gain-of-function, durante i quali virus pericolosi vengono resi più infettivi dai ricercatori per studiarne l’effetto sulle cellule umane.

L’EcoHealth Alliance e il laboratorio di Wuhan

L’EHA viene descritta come un’organizzazione non governativa con la missione di proteggere le persone, gli animali e l’ambiente dalle malattie infettive emergenti. Alla guida dell’ente benefico troviamo Peter Daszak, scienziato di origine britannica precedentemente finito al centro di un presunto conflitto di interessi che avrebbe screditato volutamente la teoria della fuga del Sars-CoV-2 dal laboratorio di Wuhan.

Durante l’ultimo anno del proprio mandato, l’allora presidente americano Donald Trump annullò un finanziamento di 3.7 milioni di dollari. Trump sostenne che il Covid sarebbe stato creato o comunque uscito dal laboratorio di Wuhan, sovvenzionato proprio dall’EHA. Nel 2014 l’amministrazione Obama bandì gli studi gain-of-function, cioè proprio gli studi finanziati dall’EHA. La quale avrebbe tuttavia continuato a finanziarli usando una scappatoia che consentiva di proseguire le ricerche soltanto in casi “urgenti per proteggere la salute pubblica o la sicurezza nazionale”. Ma queste ricerche non sarebbero più state condotte negli Stati Uniti, ma al di là della Muraglia.

Le ricerche

Peter Daszak ha strettissimi legami con il laboratorio cinese. Ha lavorato spalla a spalla con Shi Zhengli, è stato scelto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) per prender parte alla missione di Wuhan. Questa scelta ha prodotto mille polemiche. Perché l’Oms ha deciso di inviare nella provincia dello Hubei, a indagare sulle origini del virus, un uomo che avrebbe avuto significativi interessi finanziari e reputazionali nello screditare le teorie sulle fughe di laboratorio?

Daszak ha tuttavia ringraziato Anthony Fauci per aver respinto la teoria secondo cui il Covid sarebbe stato creato dall’uomo. “Volevo solo dire un ringraziamento personale a nome del nostro staff e dei nostri collaboratori, per essersi pubblicamente alzato e aver affermato che le prove scientifiche supportano un’origine naturale per COVID-19 da uno spillover da pipistrello a uomo, non un rilascio di laboratorio da l’Istituto di virologia di Wuhan”, ha scritto Daszak nell’aprile 2020.

E si torna alla questione dei funzionari del Dipartimento di Stato Usa. La struttura decise di esercitare pressioni sul governo cinese per consentire indagini approfondite in merito a tre presunti addetti del laboratorio che si sarebbero ammalati nell’autunno 2019. Ma indagini del genere non sarebbero mai state permesse né dal governo cinese né da quello americano. Già, perché le ricerche effettuate nel laboratorio di Wuhan verrebbero fatte in soli altri due laboratori: uno in Texas e l’altro in Carolina del Nord. Le tre strutture non solo fanno ricerche correlate, ma condividerebbero tra loro pure i finanziamenti.

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