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Dopo l’era “veline” e “uomini e donne”, ora i giovani mirano ad un nuovo posto fisso: quello da direttore. Possibilmente a due passi da casa. 

Tempo fa qualcuno ci ha fatto notare che dedichiamo troppi articoli ai mezzi d’informazione abruzzese, in particolare alle tv locali e ai giornalisti in generale. «Perché parlate sempre di queste cose? Interessa al popolo?». Oppure «Lo sappiamo che Pierangeli e Spatocco per anni hanno fatto la guerra alla politica per farsi assecondare per i loro progetti legati alla sanità. Ha ancora senso parlarne?». Infine «i giornalisti, in genere, attaccano, con il direttore responsabile, il carro dove vuole il padrone. Devono mangiare anche loro, no?» ci chiedono. Noi a queste domande dovremmo rispondere? Certo che sì. A noi non piace parlare male di nessuno e infatti non lo facciamo ma raccontiamo ed esaminiamo fatti con un velo polemico e con una buona dose di “scorrettezza politica”. Lungo la nostra strada troviamo chi ci capisce e condivide le nostre azioni, chi ci minaccia, chi ci prende a pugni (servizio “Dove sono i bastardi?” ndr) e chi, addirittura, ci compatisce. Per noi “tutto fa brodo” per dirla con uno slang dei nostri nonni. Nel caso delle tv locali e dell’informazione in particolare abbiamo un nostro pensiero: è giusto parlarne il più possibile perché bisogna sapere da quale pulpito vengono le prediche. Quando qualche mese fa è iniziata la campagna mediatica contro il presidente Chiodi non tutti sapevano che i mezzi d’informazione non erano in buona fede. Bisognava spiegarlo ai molti ingenui che non sanno come vengono cucinate le pietanze informative giornaliere. Dopodiché siamo d’accordo con chi afferma che i giornalisti diventano comunisti o fascisti a seconda di dove soffia il vento dell’editoria e, in quel caso, nessuno venga a dirci che certi personaggi possono essere paragonati a professionisti o blogger  con un profilo mediamente alto.

Certi blogger non vorrebbero mai essere paragonati a giornalisti (?) o direttori (?) che per anni si sono sfamati nelle “feste de l’unità” prima di approdare a stipendi da quadri aziendali. E ci domandiamo, ora che i finanziamenti all’editoria stanno terminando, come faranno intere famiglie televisive a campare senza più i nostri soldi? Mistero. Potremmo proporre a certi personaggi di buttarsi nell’agricoltura visto che è l’unico settore dove arrivano finanziamenti a pioggia. Il periodo in effetti è proprio di magra non solo per gli “schiavi-dipendenti” ma anche per i cosiddetti editori (?) di tv e quotidiani. Prendi un gruppo televisivo regionale a caso, rete 8. Dopo anni il duo Pierangeli-Spatocco molla la presa e passa la mano. Il gruppo Conad, dapprima entrato con una piccola quota societaria del 20% (la.tv), ora, pare, sia arrivata all’80% delle quote. Si vocifera che presto, la potenza di fuoco della cooperativa, possa arrivare al 100% delle quote. Questo passaggio, avvenuto in completo silenzio, pare sia partito dalla volontà di Pierangeli di liberarsi di un peso morto che, ad oggi, gli ha procurato un debito di circa 2 milioni di euro. Che farsene di un pachiderma televisivo non più in grado di fare opinione e incapace di rinnovarsi? Meglio vendere. Pierangeli, ovviamente, avrebbe potuto ridimensionare i costi di gestione ma, non avendo più interessi nel settore sanitario, ha preferito, probabilmente, non sporcarsi le mani con i licenziamenti. Vedremo a breve se questo nostro ragionamento verrà confermato. Certo è che la nuova gestione, benedetta, pare, dal senatore Legnini, al momento non brilla di capacità manageriali visto che, fino a due settimane fa, i dipendenti de LA.TV hanno accumulato ritardi di pagamento di quattro mensilità. Gli stessi colleghi assunti a rete 8, invece, subiscono ritardi di pagamento che variano tra i dieci e i venti giorni. La situazione appare drammatica e con un futuro molto incerto. Servirà forse un nuovo direttore tra gli 8 esistenti attualmente? Puo’ darsi. Visto che per il funzionamento di una tv sono indispensabili figure professionali di livello e, rete 8 da anni non ne contempla nemmeno uno, allora sarà il caso che qualcuno di zone d’ombra si candidi a nono direttore della rete. Visto che tutti i politici sono stati interpellati in questa faccenda e solo Gianni Chiodi pare sia rimasto fuori dai giochi, allora ci appelliamo a lui per raccomandargli uno dei nostri delfini: Antonio del Furbo. Come dire: un lavoratore in più e uno scansafatiche in meno.

Gli stessi giornalisti non hanno mosso un dito nel momento in cui il loro trentennale direttore Pacilio è stato sostituito da Carmine Perantuono e gli stessi sono stati rimossi da alcuni incarichi. Sperano forse, ingenuamente, che qualcuno possa avere compassione per loro e che il sudore e il lavoro possa ripagarli con la stessa moneta. Noi, crediamo invece che le frequenze possano servire ed essere ben utilizzate per lo sviluppo della banda larga. Per favore, fatevi da parte.

 

di Redazione non giornalistica

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