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Gli ambientalisti ancora una volta annunciano battaglia contro quello che, per loro, rappresenta il nemico pubblico numero uno: il cemento. Nell’area di Megalò 1 in Località Santa Filomena, si dovranno realizzare altre due strutture: Megalò 2 e Megalò 3. Quest’ultima è stata però bocciata dal Comitato valutazione impatto ambientale della Regione Abruzzo a giugno scorso. Si tratta di capire, a questo punto, se la politica è succube degli ‘uomini verdi’.

Gli ambientalisti ancora una volta annunciano battaglia contro quello che, per loro, rappresenta il nemico pubblico numero uno: il cemento. Nell’area di Megalò 1 in Località Santa Filomena, si dovranno realizzare altre due strutture: Megalò 2 e Megalò 3. Quest’ultima è stata però bocciata dal Comitato valutazione impatto ambientale della Regione Abruzzo a giugno scorso. Si tratta di capire, a questo punto, se la politica è succube degli ‘uomini verdi’.

«La realizzazione del centro commerciale Megalò 1 – scrivono in un comunicato mai inviato a ‘Zone d’Ombra’ dal Wwf – si torva nel pieno di un’ansa e cassa di espansione naturale del fiume Pescarache ha stravolto il regime idraulico del principale corso d’acqua abruzzese». Il commissario straordinario per il risanamento del Bacino Aterno-Pescara, Adriano Goio, avrebbe ipotizzato, secondo gli ambientalisti, nuovi interventi con costi che si aggirerebbero intorno ai 105 milioni di euro.

Il Megalò 2, autorizzato dal Comitato VIA nel 2012, prevede 5 nuovi edifici in prossimità dell’attuale parcheggio. Contro questa decisione il Wwf:«presenterà ricorso al Tar».

Gli ambientalisti, insomma, continuano la crociata a botte di carte bollate e cavilli giudiziari. Per l’avvocato Paolo Febbo:«la sottocommissione suggerisce di riesaminare la stessa presenza di Megalò 1 e, quindi, in completa opposizione alla volontà della società a costruire».

In tutto questo la politica che vuole fare? Ha una strategia oppure si rimette alle decisioni e volontà delle varie associazioni che ogni giorno sparano a zero su tutto ciò  che potrebbe portare lavoro e sviluppo in regione? I governanti regionali dicano, per una volta, come vedono l’Abruzzo tra 50 anni senza inseguire i finti sostenitori dell’interesse generale.

Noi, sinceramente, vorremmo sapere cose molto più serie e che vanno ben oltre la guerra politica in atto tra sinistra e destra. Vorremmo sapere, ad esempio, se esiste una correlazione tra il delitto dell’avvocato Fabrizio Fabrizi, ucciso il 6 ottobre 1991 a Pescara con 5 colpi di pistola, e il dilagante modello di sviluppo abruzzese legato ai centri commerciali. Noi ne siamo convinti ma ci aspetteremmo che qualche politico o qualche procuratore lo ricordi a qualche smemorato e lo denunci all’opinione pubblica. Invece tutto rimane nascosto e sotto silenzio per convenienze politiche e paura di esporsi. Il vuoto viene occupato da proteste che lasciano il tempo che trovano e che servono solo ed esclusivamente a riempire fogli di giornale e a dare visibilità a gente che, altrimenti, non rappresenterebbe nemmeno se stessa. E se davvero dietro il business della grossa distribuzione ci fosse un piano per ripulire soldi? ‘Repubblica’ il 6 marzo 1993, a poco più di un anno dal delitto Fabrizi scriveva:«Al centro della vicenda la storia di affari andati in fumo. Il costruttore Mammarella deteneva la quota di maggioranza della società Insev, tra i soci figurava anche l’allora amministratore unico del Pescara calcio, Aldo Fedele, raggiunto da avviso di garanzia. L’avvocato Fabrizi, consulente per il piano regolatore del comune di San Giovanni Teatino, aveva garantito il suo appoggio alla Insev di Mammarella per consentirgli di realizzare un grande centro commerciale nel nucleo industriale di San Vito a due passi da Pescara. Ma contemporaneamente, insieme al cognato, Fabrizi aveva realizzato una società che si proponeva lo stesso obiettivo della Insev di Mammarella. E anche a causa del doppio gioco dell’ avvocato l’affare sfumò. Da qui, secondo gli inquirenti, la decisione di eliminare l’ avvocato». E se ripartissimo dalla notte del delitto Fabrizi per capire cosa sta accadendo in Abruzzo senza pendere dalle labbra di semplici narcisisti ‘ecocompatibili’?

di Antonio Del Furbo

 

 

 

 

 

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