Autostrade: Benetton vola in Borsa dopo l'accordo. Un semplice ritorno al passato
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Da questa mattina la potenza di fuoco comunicativa del Movimento 5 stelle e la quasi totalità degli organi d’informazione, hanno sparato la notizia dell’uscita del gruppo Benetton dal controllo di Autostrade. Diciamo che le cose sono un po’ più complicate.

E il dubbio che le cose non siano state completamente risolte arriva già di prima mattina da un comunicato diffuso da fonti governative. “Ci siamo: Aspi sembra aver accolto tutte le richieste del governo. Se non rispettano gli impegni presi questa notte e che sono la base per l’intesa finale, sarà revoca”. Aspi, insieme con Atlantia, è la società parzialmente controllata dai Benetton che gestisce la rete autostradale. Dunque, i Benetton sono ancora dentro e ne uscirebbero solo in caso non rispettassero gli accordi. In nottata, spiegano le stesse fonti, Aspi ha inviato quattro lettere diverse al governo, nelle quali ha man mano accolto “tutte le richieste”. Il Consiglio dei ministri ha dato mandato al ministero dell’Economia e delle finanze e al ministero delle Infrastrutture di definire i dettagli della transazione con Aspi. È quanto si apprende al termine del Cdm.

Revoca concessione cristallizzata

I due ministeri sia l’uscita graduale di Benetton dalla società, sia l’elaborazione di un nuovo accordo su tutti gli aspetti della convenzione. L’interlocuzione di Cassa depositi e prestiti deve iniziare entro il 27 luglio. Per ciò che riguarda la revoca della concessione, invece, il fascicolo resta ancora sul tavolo visto che gli aspetti tecnici del negoziato dovranno essere perfezionati. Una revoca che, comunque, resta molto lontana

I punti di Conte

La posizione del premier resta ferma su alcuni punti: il taglio delle tariffe autostradali, la modifica dell’articolo 35 del decreto Milleproroghe che riduce da 23 a 7 miliardi l’indennizzo in caso di revoca, la manleva per sollevare lo Stato dalle richieste risarcitorie legate al ponte Morandi e il diritto di recesso, per il futuro, in caso di gravi inadempienze del concessionario risarcendo solo gli investimenti non ammortizzati.

La soluzione

L’accordo è arrivato quando i Benetton si sono detti disponibili allo scorporo di Autostrade rispetto ad Atlantia, all’ingresso di Cdp in Aspi e alla successiva quotazione in Borsa.

Le fasi 

Il tempo di transizione va da sei mesi a un anno, diviso in due fasi: nella prima Cdp entrerebbe con il 51% e ci sarebbe lo scorporo che porterebbe il peso della famiglia Benetton tra il 10 e il 12%, soglia sotto la quale non si entra in Cda. Nella seconda ci sarebbe la quotazione che dovrebbe portare a una società con un azionariato diffuso alto, fino al 50%, in cui potrebbero entrare nuovi soci, con un’operazione di mercato, abbassando ulteriormente il peso della famiglia Benetton.

Il comunicato di Palazzo Chigi

“Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Paola De Micheli ha svolto un’informativa sullo stato di definizione della procedura di grave inadempimento nei confronti di Autostrade per l’Italia S.p.a. (Aspi), nella quale sono state esposte le possibili alternative sulla definizione della vicenda. Durante la riunione, sono state trasmesse da parte di Aspi due nuove proposte transattive, riguardanti, rispettivamente, un nuovo assetto societario di Aspi e nuovi contenuti per la definizione transattiva della controversia. Considerato il loro contenuto, il Consiglio dei ministri ha ritenuto di avviare l’iter previsto dalla legge per la formale definizione della transazione, fermo restando che la rinuncia alla revoca potrà avvenire solo in caso di completamento dell’accordo transattivo. La proposta prevede specifici punti qualificanti riguardo alla transazione e al futuro assetto societario del concessionario.

Punti relativi alla transazione

– misure compensative ad esclusivo carico di Aspi per il complessivo importo di 3,4 miliardi di euro;

– riscrittura delle clausole della convenzione al fine di adeguarle all’articolo 35 del decreto-legge “Milleproroghe” (decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162);

– rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario; 

– aumento delle sanzioni anche in caso di lievi violazioni da parte del concessionario;

– rinuncia a tutti i giudizi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del ponte Morandi, al sistema tariffario, compresi i giudizi promossi avverso le delibere dell’Autorità di regolazione dei trasporti (ART) e i ricorsi per contestare la legittimità dell’art. 35 del decreto-legge ‘Milleproroghe’;

– accettazione della disciplina tariffaria introdotta dall’ART con una significativa moderazione della dinamica tariffaria.

Punti relativi all’assetto societario del concessionario.

In vista della realizzazione di un rilevantissimo piano di manutenzione e investimenti, contenuto nella stessa proposta transattiva, Atlantia S.p.a. e Aspi si sono impegnate a garantire:

– l’immediato passaggio del controllo di Aspi a un soggetto a partecipazione statale (Cassa depositi e prestiti – Cdp), attraverso: 1.la sottoscrizione di un aumento di capitale riservato da parte di Cdp; 2.l’acquisto di quote partecipative da parte di investitori istituzionali;

-la cessione diretta di azioni Aspi a investitori istituzionali di gradimento di Cdp, con l’impegno da parte di Atlantia a non destinare in alcun modo tali risorse alla distribuzione di dividendi;

– la scissione proporzionale di Atlantia, con l’uscita di ASPI dal perimetro di Atlantia e la contestuale quotazione di Aspi in Borsa. Gli azionisti di Atlantia valuteranno la smobilizzazione delle quote di Aspi, con conseguente aumento del flottante. In alternativa, Atlantia ha offerto la disponibilità a cedere direttamente l’intera partecipazione in Aspi, pari all’88%, a Cdp e a investitori istituzionali di suo gradimento”.

Il ritorno al passato

Insomma, nulla di nuovo perché, semplicemente, il governo sceglie il passato. La società attualmente controllata all’88 per cento da Atlantia, holding che a sua volta fa capo alla famiglia Benetton, potrebbe tornare verso la Borsa dalla quale era uscita nel 2003 nell’ambito della privatizzazione dell’infrastruttura ex-Iri. Ipotesi che, infatti, fa balzare la holding dei Benetton in Borsa: Atlantia fatica a fare prezzo, ma a differenza di lunedì il movimento è tutto al rialzo: dopo l’iniziale asta di volatilità, entra in contrattazione sopra il +20 per cento.

Il nuovo piano

L’assetto passa attraverso una revisione del governo aziendale, oggi in mano alla famiglia veneta. L’idea è che riportare la rete di 3 mila chilometri di strade a scorrimento veloce direttamente sul mercato – fuori dal controllo di Atlantia – possa agevolare la riduzione della presenza dei Benetton. 

L’ingresso di Cdp e l’arrivo di nuovi soci

La fase uno del nuovo progetto resta l’intervento della Cassa depositi e prestiti. La cassaforte del risparmio postale degli italiani dovrebbe sottoscrivere un aumento di capitale riservato per guadagnare l’immediato controllo di Aspi. Interverranno poi altri soci graditi a Cdp per l’acquisto diretto di quote Aspi da parte di Atlantia. Questa si deve impegnare a non distribuire i proventi come dividendi. Per la realizzazione del progetto gli esperti di Banca Imi hanno valutato una somma tra i 3 e i 5 miliardi.

Gli investitori riuniti in Appia (Allianz, Edf e Dif) hanno già operato alcune svalutazioni per scendere a 11,5 miliardi di valutazione, ma nell’ultimo bilancio non hanno più toccato il valore delle quote. Perché si possa stabilire un valore di mercato, inoltre, la società ha bisogno che venga rivisto il Milleproroghe: il decreto che ha abbattuto da 23 a 7 miliardi l’indennizzo in caso di revoca.

La scissione della holding

La nuova roadmap prevede un passaggio fin qui inesplorato. Le azioni di Aspi rimaste in mano ad Atlantia dovrebbero essere ridistribuite pro-quota tra i soci della holding. E quindi alla famiglia Benetton andrebbe a finire la quota di Aspi che deterrà ‘in trasparenza’, attraverso la holding Atlantia, dopo l’ingresso di Cdp e degli altri soci. Atlantia è infatti una holding controllata a poco più del 30% dai Benetton.  

Se la quota di Aspi rimasta ad Atlantia – dopo l’ingresso di Cdp e altri soci – fosse ridistribuita tra tutti questi soggetti, alla famiglia Benetton rimanerrebbe una percentuale inferiore al 10-15%, che ne determinerebbe la mancata rappresentanza in cda. I piccoli azionisti si ritroverebbero in mano i titoli di Autostrade e potrebbero decidere a quel punto che farne: mantenere in portafoglio la società o liquidarla.

L’alternativa 

Atlantia ha offerto una via alternativa: la disponibilità a cedere direttamente tutta la quota in Aspi, il suo 88%, a Cassa depositi e prestiti. Una via che comporterebbe un impegno finanziario importante per la Cdp.

Ritorno al passato

Perché tutto il processo possa andare in porto potrebbero servire sei mesi. L’avventura autostradale dei Benetton iniziò nel 1999 con l’acquisizione del 30% delle strade, poi nel 2003 ci fu l’opa totalitaria da 6,4 miliardi per delistare l’azienda, attraverso un veicolo finanziario poi fuso in essa. Risistemata l’organizzazione sotto il nuovo controllo privato, a scambiare in Borsa restò la holding (poi Atlantia), con il controllo della rete autostradale.

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