Il ministro annuncia una soluzione per riportare in carcere i tanti detenuti mafiosi che, grazie al coronavirus, sono riusciti a ottenere i domiciliari. Il ministero dovrebbe mettere a punto un vincolo normativo che riporti gli ex detenuti al 41bis e nei reparti di Alta sicurezza davanti ai giudici di Sorveglianza.
“I giudici rispettano le leggi fatte da noi”
Visto che “L’emergenza sanitaria è cambiata” e gli arresti domiciliari ai mafiosi sono stati concessi dai magistrati perché nelle carceri, a leggere i provvedimenti, c’era un alto rischio contagio, il ministro vuole togliere dai domiciliari i boss. Per alcuni giudici, come quelli che hanno scarcerato Pasquale Zagaria, il rischio di contrarre il coronavirus era concreto persino nei reparti di 41bis. Quindi, rimarca Bonafede, “L’indipendenza dei giudici di sorveglianza è sacra, applicano la legge. Ma le leggi le scriviamo noi. I domiciliari sono stati concessi per l’emergenza sanitaria. Ma le condizioni ora sono cambiate“.
La vicenda Di Matteo
Nei giorni in cui il ministro stava decidendo il nome da mettere a capo del Dap, Bonafede fu raggiunto da un’informativa del Gruppo Operativo Mobile (GOM), reparto mobile del Corpo di Polizia Penitenziaria, in cui veniva informato di gravi affermazioni fatte da detenuti al regime 41 bis. I boss commentavano le indiscrezioni sulle nomine ai ministeri del nascente governo giallo-verde. Una eventuale nomina di Di Matteo al Dap, avrebbe preoccupato molto i mafiosi: “Se viene questo Nino Di Matteo siamo consumati, per noi è finita”. E che il mondo carcerario fosse in subbuglio è stato confermato proprio da Nino Di Matteo.
Il Ministro, sempre in quel periodo, che aveva in mente di nominare Di Matteo capo del Dap, indietreggiò dopo 48 ore dalla proposta fatta al magistrato. “Mi era stato proposto il Dap – ha confermato Nino Di Matteo – ma mi ero riservato una decisione entro le 48 ore. Quando tornai per dire di aver accettato la proposta, Bonafede mi disse di aver cambiato idea” ha aggiunto il magistrato.