Droga: blitz ai Castelli romani. Arrestati (di nuovo) i fratelli Bianchi
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Nuovi guai per i fratelli Bianchi. I carabinieri del comando provinciale di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Velletri, nei confronti di 6 persone. Al centro della vicenda una storia di droga.

Le accuse sono, a vario titolo, di detenzione e spaccio di droga e tentata estorsione. Tra i destinatari del provvedimento d’arresto anche Marco e Gabriele Bianchi, attualmente detenuti in carcere. I fratelli sono indagati per l’omicidio di Willy Duarte Montero, avvenuto a Colleferro lo scorso 6 settembre.

Chi ha ucciso Willy Monteiro Duarte?

L’indagine è stata condotta dai militari del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Velletri. Accertata l’esistenza di un sodalizio dedito allo spaccio di droga nell’area di Velletri, Lariano, Artena e Comuni limitrofi. L’indagine ha acquisito elementi probatori in ordine ai ruoli ricoperti dagli stessi soggetti rispetto all’attività illecita. Ricostruito anche il modus operandi del gruppo. Gli indagati ricorrevano abitualmente ad azioni violente e minacce per intimorire i ‘clienti’ insolventi e obbligarli a pagare i compensi pattuiti per l’acquisto della droga.

Fratelli Bianchi coordinatori dello spaccio

Stando agli accertamenti degli investigatori, proprio i fratelli Bianchi svolgevano una opera di coordinamento dell’attività di spaccio, impartendo precise indicazioni ai vari complici. Gli spacciatori e gli acquirenti ricorrevano ad un linguaggio criptico. Lo stupefacente era chiamato in modi variegati (“… caffe’… magliette… aperitivo…chiavi… il CD di Gomorra…”). Le consegne, eseguite con metodo “itinerante”, erano concordate di volta in volta. Le consegne avvenivano anche in lockdown. Venivano sfruttate le poche occasioni in cui erano consentiti gli spostamenti sul territorio. Il giro di affari assicurato dall’attività illecita era enorme: gli arrestati, non a caso, utilizzavano auto di grosse cilindrata, abiti griffati e orologi di valore. Le serate erano documentate con foto e video pubblicati sui social.

Le regole

Tutti sapevano che bisognava pagare nei tempi e nei modi stabiliti e tutti erano consapevoli che, in caso contrario, potevano subire una vera e propria “spedizione punitiva” che, oltre alle minacce, poteva comportare violente aggressioni fisiche.

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