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Altro che megalopoli con loculi abitativi degni dei piccoli puffi blu. Altro che distese di cemento abitate da non meglio identificati umanoidi. Altro che vita grigia. A Montemignaio, in provincia di Arezzo, c’è vita. Vera.

Intanto, giusto per chiarire le idee ai soliti pragmatici con la ‘puzzetta’ sotto il naso, diciamo che nel borgo del Casentino oltre alla natura c’è tutto l’occorrente per fare business. Il borgo è immerso nel lembo di terra tra Toscana ed Emilia Romagna. Un luogo incantevole, poetico, abitato da 600 persone, vere. Ci sono case in legno, baite, casolari in pietra, tutto come una volta. Sembra che il tempo si sia fermato a Montemignaio. In un certo senso sì, è fermo all’era del prefordismo, alla ruralità. È quel tempo in cui ci si diceva buongiorno, ci si dava una pacca sulla spalla, ci si guardava negli occhi e ci si aiutava. Sempre. Ecco, questo c’è, esiste ancora. C’è un paesaggio, un’aria pulita, una campagna. E c’è anche la fantasia, l’immaginazione che ha portato ad organizzarsi con lo scopo di creare una società vitale e anticipare ciò che a livello mondiale sta già accadendo: tornare al rapporto umano.   

Si sta passando da una economia basata meramente sul denaro a una società basata sull’uomo, che, possibilmente, sia massimamente ben inserito nel suo contesto naturale” spiegano gli agricoltori, gli allevatori, gli artigiani che hanno dato vita al progetto di coworking. “Il percorso è lungo e in salita – spiegano – , la situazione politica italiana così come ci si è chiaramente presentata davanti nelle ultime settimane conferma che non sarà una passeggiata, ma la rivoluzione silenziosa in atto darà i suoi frutti”.

E come sfruttare le positività messe a disposizione da questo angolo di paradiso? Incentivando chi voglia prendere la residenza a dedicarsi ad attività produttive nell’area. Creare degli spazi comuni da sfruttare in modo intelligente e parsimoniosa e “gestire un marketing e una promozione del marchio nella sua interezza proponendolo sui mercati circostanti regionali e non”. Tutto parte però dalla condivisione e dal modo di intendere il lavoro. Se non c’è questa motivazione, questo rispetto, si è fuori. “I coworking che meglio funzionano, infatti, sono quelli vertical, in cui ogni azienda o professionista presente opera nel medesimo campo degli altri. Tutti lavorano nello stesso spazio, con competenze differenti ma affini. Chi vuole acquistare i prodotti della filiera corta potrebbe essere interessato a comprare il formaggio, ma anche i pomodori, le patate, le conserve, il miele biologico, le noci, le mele, ma anche le ceramiche tipiche del posto e create sul posto, il sapone o le candele prodotte con le materie prime del posto, etc.”.

Dunque, tutti potrebbero scegliere di andare a vivere a Montemignaio al fine di condividere spazi di lavoro e vita sociale. Basta avere un progetto su cui lavorare e, ovviamente, la sede legale nel piccolo borgo. E poi? Nulla più. A quel punto vengono date indietro poca burocrazia, poche tasse e Imu pari a zero. E non è finita. I terreni e le abitazioni vengono dati in usufrutto.

C’è anche una scuola elementare veramente pubblica. Il Comune paga ai bimbi libri, quaderni, penne e tutto l’occorrente per la scuola. È un borgo che esiste. Veramente.

Antonio Del Furbo

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