Falsità nel processo Cucchi: tre carabinieri rinviati a giudizio
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Tre carabinieri sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di aver dichiarato il falso durante il processo sui depistaggi legati all’omicidio di Stefano Cucchi.

Falsità nel processo Cucchi: tre carabinieri rinviati a giudizio. Il giudice per l’udienza preliminare di Roma ha accolto le accuse della Procura capitolina contro Maurizio Bertolino, maresciallo presso la stazione di Tor Sapienza all’epoca dei fatti, Fortunato Prospero, capitano e comandante della sezione infortunistica e polizia giudiziaria del nucleo Radio Mobile di Roma, e Giuseppe Perri, maresciallo e collaboratore di Prospero. I pm contestano a vario titolo i reati di depistaggio e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

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Questo filone d’indagine ha già portato alla condanna in primo grado di otto carabinieri, tra cui il generale Alessandro Casarsa, condannato a 5 anni, e il colonnello Lorenzo Sabatino, condannato a 1 anno e tre mesi. “Un intero Paese è stato preso in giro per sei anni”, ha dichiarato in aula il pm Giovanni Musarò. La Cassazione, il 4 aprile 2022, ha emesso la condanna definitiva per omicidio preterintenzionale per il pestaggio di Cucchi.

Il nuovo procedimento inizierà il 25 settembre. Secondo i pm, il maresciallo Bertolino ha mentito ai suoi superiori, dichiarando di non sapere nulla sugli atti relativi al caso Cucchi presenti nella stazione dei carabinieri di Tor Sapienza, nonostante un commilitone gliene avesse parlato. Il capitano Prospero è accusato di aver falsificato il Memoriale di servizio del 2 novembre 2018, attestando falsamente che due sottoufficiali del suo reparto erano impegnati in servizi esterni quando invece si trovavano in questura a Roma.

Nel processo, il ministero della Difesa sarà citato come responsabile civile, mentre tra le parti civili figura Riccardo Casamassima, il carabiniere che con la sua testimonianza ha fatto emergere la verità. Nel 2018, in un’intervista a Il Fatto Quotidiano, Casamassima ha denunciato di sentirsi minacciato dai suoi stessi colleghi. Tra le parti civili ci sono anche l’associazione Cittadinanza Attiva, rappresentata dall’avvocato Stefano Maccioni, il Partito per la tutela dei diritti dei militari e i tre agenti della penitenziaria che erano stati accusati del pestaggio di Stefano Cucchi e poi assolti dalla Cassazione.

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