Era una delle testimoni del caso Ruby ed è morta dopo un ricovero in ospedale di trenta giorni per un “mix di sostanze radioattive”. Prima di morire la donna ha telefonato al fratello e all’avvocato, per dire: “Mi hanno avvelenato“.
Imane Fadil, modella marocchina di 34 anni, era la testimone del processo Ruby ter che vede tra gli imputati l’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Un paio di mesi fa aveva chiesto di costituirsi parte civile: ma la richiesta fu rigettata dai giudici. Ora la procura di Milano ha aperto un’indagine per omicidio volontario dopo che sono arrivati gli esiti degli esami tossicologici disposti il 26 febbraio scorso dai medici dell’Humanitas di Rozzano, dove era ricoverata. La donna è morta a causa di un “mix di sostanze radioattive”. Gli esiti sono arrivati il 6 marzo e trasmessi dallo stesso ospedale alla Procura di Milano.
In ospedale era arrivata il 29 gennaio. “Un mese d’agonia“, lo hanno definito gli investigatori. Il primo marzo la morte, per cause ancora tutte da accertare. La notizia è stata diffusa oggi dal procuratore capo di Milano, Francesco Greco. L’ufficio inquirente lombardo spiega, inoltre, che la giovane aveva detto ai suoi familiari e avvocati che temeva di essere stata avvelenata. Nella cartella clinica di Fadil, aggiunge Greco, ci sono “più anomalie” e per capire la causa esatta della morte “è stata disposta l’autopsia, che dovrebbe essere seguita a breve”.
“I medici della clinica non hanno avvisato la procura del decesso”, ha detto il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, titolare dell’inchiesta. In una nota l’Humanitas ha spiegato: “Al decesso della paziente, il 1 marzo scorso, l’Autorità Giudiziaria ha disposto il sequestro di tutta la documentazione clinica e della salma. Il 6 marzo, Humanitas ha avuto gli esiti tossicologici degli accertamenti richiesti, lo ha prontamente comunicato agli inquirenti”. Stando alle indagini, la modella era stata ricoverata prima in terapia intensiva e poi rianimazione: è stata vigile fino all’ultimo, nonostante i forti dolori e il “cedimento progressivo degli organi”. “Non c’è una diagnosi precisa sulla morte – dice l’aggiunto Siciliano – ma dalle analisi emerge una sintomatologia da avvelenamento“.
“Ha detto di essere stata avvelenata” – “Sono in corso gli accertamenti sui campioni di sangue prelevati durante il ricovero – spiega Greco – non si può escludere nessuna pista visto che dalla cartella clinica non emerge nessuna malattia specifica“. La giovane riferiva di gonfiori e dolori al ventre. “Fadil – ha detto il procuratore di Milano – durante il ricovero ha telefonato ad alcune persone, il fratello e l’avvocato, sostenendo di essere stata avvelenata. Stiamo sentendo i testimoni, verranno sentiti anche i medici dell’Humanitas, e abbiamo disposto l’acquisizione dei suoi oggetti personali”. Come per esempio il libro che la modella stava scrivendo: la procura ha sequestrato le bozze di quel manoscritto. Quel libro, però, non sembra contenere elementi interessanti a spiegare il decesso della giovane.
L’avvocato Paolo Sevesi, legale della modella ha riferito di aver “letto il libro che aveva scritto Imane sul caso Ruby ma non so se avesse trovato un editore. Di sicuro l’aveva terminato diversi mesi fa. Conoscendo la situazione e conoscendo bene Imane, io una mia idea me la sono fatta, ma ci sono delle indagini in corso e di più non posso dire”.
Imane Fadil, insieme ad Ambra Battilana e Chiara Danese, aveva raccontato agli inquirenti delle cosiddette “cene eleganti” di Arcore, cioè le serate hot passate alla storia come il bunga bunga. Fadil aveva partecipato a otto di quelle cene. Tempo dopo si era presentata in procura, diventando testimone del caso Ruby. Imane, Ambra e Chiara avevano anche intavolato una trattativa con la senatrice di Forza Italia, Maria Rosaria Rossi, fedelissima di Berlusconi, per un risarcimento in sede stragidiziale. Da indiscrezioni era trapelato che avessero chiesto danni per 2 milioni di euro. L’accordo, però, non era stato raggiunto e le trattative erano saltate.
La modella sosteneva di avere lasciato Arcore dopo aver ricevuto una proposta indecente. Dopo poco tempo era diventata una testimone dell’accusa. Al Fatto Fadil aveva racconato anche dettagli mai resi in tribunale. “Questo signore fa parte di una setta che invoca il demonio. Sì lo so che sto dicendo una cosa forte, ma è così. E non lo so solo io, lo sanno tanti altri, che in quella casa accadevano oscenità continue. Una sorta di setta, fatta di sole donne, decine e decine di femmine complici”, era un altro passaggio del suo racconto.