Inchiesta Ponte Morandi, quando Castellucci chiedeva a Toti di mediare con la Lega
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Giovanni Castellucci, l’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia dal 2005, quel 14 agosto del 2018, quando il Ponte Morandi crolla e uccide 43 persone, sta combattendo un’altra battaglia: il processo sulla strage del bus di Avellino. Altri 40 morti.

Quel 14 agosto ci sono in prima linea con lui altri due nomi: il numero due e numero tre di Aspi, Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli.

Ponte Morandi: arrestato ex amministratore di Autostrade Castellucci

La Procura e la Guardia di Finanza di Genova cominciano a indagare sul Ponte Morandi e i tre iniziano a far sparire indizi per salvarsi.

Il gip Paola Faggioni scrive della “capacità del primo di condizionare i comportamenti dei secondi anche a livello processuale“.

In primo grado Castellucci è stato assolto, ma per Berti è arrivata la condanna a cinque anni e mezzo e per questo è furibondo. Scrive il gip:

“Dalla conversazione si comprende che Berti nell’ambito di quel procedimento non ha riferito la verità per difendere la ‘linea aziendale’, condotta che ha contribuito all’assoluzione di Castellucci e che quest’ultimo — evidentemente interessato al fatto che Berti mantenga tale impostazione e non cambi linea difensiva nei successivi gradi di giudizio — ha incaricato Donferri di tenerlo tranquillo e rassicurarlo del suo futuro aiuto“.

Così Berti urla a Donferri:

“Quello veramente è uno che meritava una botta di matto, ma una botta di matto dove io mi alzavo la mattina andavo ad Avellino e dicevo la verità così l’ammazzavo, credimi era l’unica soddisfazione che avevo“.

Donferri, però, ricorda a Berti che

“non ti cambiava niente Paolo… adesso invece hai la speranza di trovare un accordo con sta gente… Andreotti insegna, sono quarantrè morti de là, quaranta de qua. Stamo tutti sulla stessa barca”.

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Castellucci, appena due mesi e mezzo dopo il crollo del Morandi trattava al telefono con il governatore ligure Toti. L’oggetto della discussione è l’ingresso in Banca Carige in cambio di possibili aiuti sul mantenimento della concessione.

“150 milioni di euro, ma di garanzie” dice Toti pur non promettendo nulla di concreto se non pressioni sulla Lega allora al Governo. Intanto Castellucci esce da Aspi nel settembre 2019. Berti e Donferri vengono licenziati anche anche se quest’ultimo lavora in una srl collegata ad Aspi.

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Castellucci trama. Lo afferma l’amministratore delegato di Edizione Holding Gianni Mion in una telefonata dello scorso gennaio con l’ad di Atlantia Carlo Bertazzo:

“sta ancora governando il processo?… oggi ho addirittura sentito che.. Castellucci si sta offrendo. . in giro… per creare aggregazioni… per vendere Atlantia… per comprare Atlantia… ma non si rende neanche conto dove sta messo perché… io se delle cose…che succedono a Genova… a lui converrebbe andare in qualche altro posto“.

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Per Castellucci l’altro posto è Alitalia. Perché il manager non sta fermo. Capisce che i Benetton ormai lo hanno scaricato. La compagnia aerea di bandiera è in agonia. Si affaccia l’ipotesi Lufthansa. Castellucci il 24 ottobre chiama l’amministratore delegato di Air Dolomiti, controllata dalla stessa Lufthansa, e si propone come presidente, facendo riferimento a contatti con un ‘ministro’ del Governo italiano:

“Magari potrebbe essere un ruolo di presidente… con deleghe… allora mi faccio dare dal ministro l’ok».

Castellucci resta un uomo solo.

Bisogna difendersi per conto proprio. Donferri il 17 settembre del 2019 chiama un suo collaboratore e lo ammonisce:

“Portati un bel trolley grosso… devo comincià a prendere l’archivio Polcevera… un cosetto al giorno, tanto sono scatole di legno, ti stampi le foto e la roba che ci sta dentro…”.

Due giorni dopo Donferri chiama con Whatsapp la segretaria, che gli dice di non riuscire “a trovare la cartellina verde…”. E lui: “…Allora se tu vai sul…ma devi fare tutto da sola…e chiuditi la porta”. E ancora le consiglia di cancellare i messaggi: “…Li levi…hai capito?”.

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