La zona d'ombra della Sanità lombarda: il documento sugli sperperi. Regione Lombardia
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Stiamo attraversando, senza ombra di dubbio, uno dei momenti più difficili dell’età contemporanea. La pandemia da coronavirus sta riportando, pian piano, l’attenzione sulle piccole cose. Un’attenzione che si sta spostando, in particolare, anche sui beni indispensabili come la salute.

Assume, dunque, particolare importanza il Sistema sanitario nazionale. Un valore di cui si è spesso dimenticato l’importanza e sottovalutato il contributo sociale. I vari sistemi sanitari regionali hanno vantato, chi più chi meno, eccellenze in varie specializzazioni. Come quello lombardo ad esempio considerato fiore all’occhiello del Sistema Italia.

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Eppure, numeri alla mano, la Lombardia, nonostante tutto, sta accusando il colpo. Il governatore della Regione, Attilio Fontana, proprio oggi ha chiesto misure più rigide al Governo centrale: “Sono state fatte tante rianimazioni in più dall’inizio crisi abbiamo messo sul campo più di 350 nuovi letti di rianimazione che è un piccolo miracolo” ha spiegato Fontana. “È stato fatto uno sforzo immenso, ma sta finendo anche questa ulteriore dotazione. Stiamo chiedendo nuovi respiratori e ventilatori e respiratori per farne altri”. 

Per capire quello che sta accadendo in Lombardia potrebbe essere interessante andare a spulciare un documento del 2017. 

Si tratta di alcune delle prescrizioni raccolte nella “Relazione annuale 2017” sugli audit effettuati da Regione Lombardia sul Sistema Sanitario Regionale. Gli ispettori scandagliarono varie componenti: Areu (Azienda regionale emergenza urgenza), le Ats (Agenzie di Tutela della Salute), le Asst (Aziende socio sanitarie territoriali, le vecchie Asl) e gli Irrcs (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, gli ospedali in pratica). Ne uscì un quadro un po’ allarmante. Infatti ci fu la richiesta di: “Aggiornare Regolamento acquisti sottosoglia”; “migliorare la motivazione dei provvedimenti assunti, con particolare attenzione all’appropriatezza delle motivazioni d’urgenza”; “inserire, nella determina che individua la spesa, gli elementi essenziali relativi al fornitore ed al contratto/fornitura”; “adeguare le procedure di affidamento sottosoglia alle prescrizioni di legge”.

Un’indagine non certo positiva se si considera la quantità di denaro pubblico versato nella Sanità. Come ricorda Business insider, stando ai dati Istat, la Lombardia nel solo 2016 ha speso 9,7 miliardi per i servizi sanitari forniti direttamente, ai quali vanno aggiunti altri 7,8 miliardi per i servizi sanitari in regime di convenzione e ulteriori 995 milioni di spese varie, per un totale di 18,6 miliardi. E, nonostante lo storytelling del miglior sistema sanitario d’Italia, gli sprechi sono tanti.

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Il sistema sanitario lombardo risulta essere insufficiente o negativo per 11 indicatori su 25 (44%) e oltre la metà delle aziende sanitarie e ospedaliere presentano una percentuale di indicatori insufficienti che supera il 50% (ad esempio nel governo della spesa farmaceutica la Lombardia spende 229 euro l’anno per ciascun cittadino, la provincia di Trento solo 158)” diceva il consigliere regionale (medico) Michele Usielli di +Europa. Valutazione fatta in una mozione presentata al Pirellone per rendere pubblici i risultati del “Sistema di valutazione Bersaglio”, il metodo di valutazione quantitativa messo a punto dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che compara i singoli sistemi sanitari regionali.

L’Audit del 2017

I controlli dell’audit riguardarono cinque macro aree: Acquisti ed affidamenti in economia (ASST), Incarichi professionali (ASST), Vigilanza, sanzioni, controllo (ATS), Attività Libero Professionale Intramoenia (ALPI) e Liste d’attesa (ASST).

Nel documento sono riportate “le criticità” riscontrate nei singoli istituti, con le Asst che fanno da regina delle “incongruenze”. Si scopre, per esempio, che la Asst di Lecco riesce a inanellare 37 criticità su 10 audit subiti, seguita da quella di Melegnano e della Martesana con 35 note rosse su 5 controlli. Non va bene neanche a Bergamo, dove l’Asst Papa Giovanni XXIII vanta 32 irregolarità scovate in soli sei controlli.  

Per quanto concerne le Ats, a condurre la classifica dei “cattivi” è quella di Brescia, con 18 criticità su 6 controlli, seconda piazza per l’Ats di Bergamo (16 irregolarità su 5 controlli).

Secondo gli ispettori all’epoca c’era molto da migliorare

Come, ad esempio, gli acquisti e gli affidamenti in economia. E per evitare nuovi casi di medici che si intascano stecche dalle case farmaceutiche per far acquistare protesi o kit particolari, gli ispettori prescrivevano di:

  • Applicare la procedura di Risk Assessment ai processi di acquisizione dei dispositivi medici;
  • Ottimizzare la suddivisione delle competenze tra gli owner del processo di acquisto;
  • Sviluppare un monitoraggio strutturato e sistematico degli acquisti in economia;
  • Trasmettere al DEC tutta la documentazione relativa al procedimento ai fini di facilitare il controllo sull’esecuzione del contratto.Ultima parte dell’indagine è dedicata agli incarichi professionali nelle Asst, all’Attività Libero Professionale intramoenia dei medici e alle liste d’attesa.

Per le liste d’attesa l’audit prescriveva di “Sensibilizzare attraverso specifici incontri tutti gli operatori coinvolti nel nuovo percorso nell’utilizzo del sistema informatico Gestione delle liste d’attesa”.

Secondo il rapporto Polis 2018, per un’ecografia un lombardo doveva attendere 59 giorni, 39 per una tomografia computerizzata, 24 per la risonanza magnetica, 15 per una radiografia.  

“Per ANAC la Sanità Lombarda è sinonimo di spreco ed inefficienza. Hanno ragione i lombardi a lamentarsi delle liste d’attesa infinite, degli sprechi e del flop della presa in carico dei pazienti cronici”. A parlare così, nel 2018, era Andrea Fiasconaro, consigliere regionale del M5S Lombardia, in merito ai “200 milioni di euro in kit per le persone diabetiche acquistati senza gara” dalla Regione Lombardia.

Il rapporto sul Servizio sanitario nazionale

Nel 2017 il Servizio sanitario Nazionale ha sprecato oltre 21 miliardi di euro, quasi un euro su cinque. Lo ha calcolato la Fondazione Gimbe. “Vengono aggiornate le stime sull’impatto degli sprechi sulla spesa sanitaria pubblica 2017 – si legge nel documento. Il Rapporto analizza anche la spesa sanitaria 2016 che, secondo le stime effettuate, ammonta a 157,613 miliardi di euro, di cui 112,182 miliardi di spesa pubblica, 45,431 miliardi di spesa privata. Il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta spiegava anche che “il 19% della spesa pubblica, almeno il 40% di quella out-of-pocket ed il 50% di quella intermediata non producono alcun ritorno in termini di salute”. 
   

Di admin

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