Loggia Ungheria: i fascicoli e i documenti che viaggiano tra le Procure
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Il procuratore della Repubblica di Milano, Francesco Greco, ha depositato al procuratore generale milanese, Francesca Nanni, la relazione sul caso dei verbali resi ai pm del suo ufficio dall’avvocato siciliano Piero Amara sulla presunta Loggia Ungheria.

Vicenda che ha creato grande tensione all’interno della procura e che ha investito anche il Csm. Si indaga sulla presunta Loggia Ungheria. Il pm Paolo Storari, lamentando una presunta inerzia da parte di Greco e dell’aggiunta Laura Pedio, ha poco più di un anno fa consegnato quei verbali – secretati – all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo. L’ex pm di Mani pulite a sua volta ha parlato di quei verbali con il pg della Cassazione Giovanni Salvi. Il caso ha innescato il lavoro di diverse procure: Perugia, che indaga per associazione segreta e calunnia, Roma, per rivelazione del segreto d’ufficio, Brescia competente per reati commessi da magistrati.

La relazione dovrà essere valutata dal pg Nanni.

Il giudice afferma: “ci sono accertamenti da fare” per poi eventualmente trasmetterla al pg della Cassazione per una possibile azione disciplinare nei confronti di Storari. Il magistrato porterà con se anche una serie di documenti per spiegare la decisione di fare avere a Davigo quei verbali. E poi, carte alla mano, fornirà la sua versione sia sulla inerzia nelle indagini sulla presunta loggia Ungheria evocata dal legale siciliano, sia su contrasti con gli aggiunti Fabio De Pasquale e Laura Pedio in relazione all’inchiesta sul cosiddetto falso complotto Eni.

La procuratrice Nanni valuterà la versione dei fatti del procuratore per poi eventualmente svolgere accertamenti.

A quel punto la documentazione dovrebbe essere trasmessa a Salvi che dovrebbe avviare una istruttoria disciplinare. Non è escluso che venga valutata anche una eventuale avocazione del fascicolo.

Greco – che ha allegato mail e documenti non omissati – difende l’operatore della procura e ha allegato tutta la documentazione comprese le email intercorse con Storari. Dopo le tre iscrizioni il procuratore aveva coinvolto anche l’aggiunto e responsabile dell’anticorruzione Maurizio Romanelli. A settembre ci fu anche un interrogatorio congiunto di Amara da parte dei pm milanesi e perugini.

Il pm fece avere nell’aprile 2020 i verbali all’allora consigliere del Csm, perché, a suo dire, il procuratore Francesco Greco ritardò per ben 5 mesi le iscrizioni di indagati, Amara compreso, a seguito delle dichiarazioni dell’ex avvocato esterno dell’Eni. Almeno una parte delle dichiarazioni erano state già valutate dalla procura di Brescia: Amara aveva fatto il nome del presidente del collegio sostenendo che ci fosse stato un tentativo di avvicinamento. Iscrizioni che sarebbero state necessarie per fare subito approfondimenti con tabulati e intercettazioni telefoniche per oltre 70 personalità, alcune istituzionali. L’altro ieri come teste, è stato ascoltato dai pm romani Davigo, il quale aveva già sostenuto che non ci fu alcuna anomalia nella procedura.

L’intervento di Morra

Intanto oggi in procura si è presentato il presidente della commissione antimafia Nicola Morra che ha informato la Procura di Roma “di fatti relativi alla questione Amara-Davigo” di cui era “a diretta conoscenza”. “Recenti vicende afferenti il mondo della magistratura – spiega il presidente dell’Antimafia su Fb – hanno dimostrato quanto vi sia necessità di una profonda, severa, riflessione sull’amministrazione della giustizia nel nostro paese. Che si indugi su tale dimensione, fondamentale per la salute della democrazia stessa, testimonia della difficoltà di riformare un ambito meritevole di essere liberato dal soffocante abbraccio della partitocrazia. Se 1/3 dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura è eletto dal Parlamento, come si realizza quella separazione dei poteri fondamentali dello Stato su cui si fonda l’indipendenza degli stessi?”.

“In una società che ha permesso poi, senza un’adeguata normazione del conflitto d’interessi, che fra editoria e potere economico e politico vi sia una commistione imbarazzante che impedisce al giornalismo ed all’informazione di essere il “quarto potere” di garanzia per la democrazia, si è consentito di fatto di trasformare la democrazia in un regime in cui libertà e diritto scomparivano sotto la scure di interessi particolari e forti. Ritengo pertanto che la prima riforma necessaria per restituire ai cittadini fiducia nelle istituzioni repubblicane sia, appunto, quella volta a rendere la giustizia efficace e libera, imparziale e celere. Sono decenni che la si attende, e nessuno al Governo ha mai avuto il coraggio di tentarci. Questa è la vera rivoluzione culturale e politica da operare, altrimenti la giustizia rimarrà una questione…di classe”.

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