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Dopo il nostro articolo pubblicato ieri sul caso che ha riguardato Massimo Numa e gli attivisti No Tav, il giornalista de “La Stampa” di Torino ci ha contattato per raccontarci la sua versione dei fatti.

Dopo il nostro articolo pubblicato ieri sul caso che ha riguardato Massimo Numa e gli attivisti No Tav, il giornalista de “La Stampa” di Torino ci ha contattato per raccontarci la sua versione dei fatti. 

Numa, che da tempo non può più essere presente alle manifestazioni No Tav al fine di tutelare la propria incolumità, ha detto che le cose da noi riportate sono “stupidaggini” e “non possono, in un momento come questo, passare indenni senza una conseguente e immediata reazione”.

È giusto offrire ai nostri lettori la versione di Numa per avere più chiari i fatti che sono accaduti.

«La notte del 24 luglio 2011, a Chiomonte (Torino) poco distante dal varco 1 dell’area di protezione del cantiere Ltf della Torino-Lione di strada Avanà, un gruppo di soggetti incappucciati, dell’area anarchica, iniziò a tirare pietre e altro contro i cancelli e il presidio interforze posto a protezione dell’area cosiddetta della centrale elettrica. Le forze dell’ordine reagirono con un lancio di lacrimogeni e con l’uso dell’idrante. Un testimone (un lavoratore del cantiere)  vide un attivista No Tav, intento a video riprendere quanto stava accadendo cadere a pochi metri dalla sua postazione, forse colpito da un lacrimogeno. Il sottoscritto, con altri colleghi, che ben ricordano questo episodio, era al suo fianco. Costui, residente in Valle Susa con la propria famiglia, era convinto di avere riconosciuto una persona, un conoscente.

Nella confusione di quei minuti, la dinamica dei fatti appariva incerta, cioè se l’uomo fosse stato colpito in volto dalla cartuccia o se, comunque colpito, fosse poi caduto rovinosamente al suolo procurandosi in entrambi i casi gravi ferite al volto, le cui dolorose conseguenze cliniche non sono concluse nemmeno oggi, a distanza di due anni dai fatti descritti. Per evidenti ragioni di sicurezza (i lavoratori del Tav, specie quelli residenti in Val Susa sono oggetto, famiglie comprese,  di continue e gravissime minacce, un operaio è stato aggredito nel maggio scorso, di notte, con pietre e spranghe al termine di un turno di lavoro da un gruppo di soggetti incapucciati, sul fatto è ancora in corso un’indagine della procura di Torino, seguite da lettere con proiettili e infine da una catena di attentati incendiari alle aziende e da altri episodi non meno gravi), già in allora decidevo di utilizzare per ragioni di sicurezza i miei account per la verifica della notizia, onde evitare di consentire l’identificazione e la diffusione di dati sensibili del suddetto testimone attraverso una banale analisi dei dati contenuti nelle mail; nelle ore successive il testimone aveva capito di avere sbagliato persona, non essendo più sicuro del riconoscimento e questa storia (uscì sul giornale una “breve” che dava solo conto del ferimento) non è MAI stata scritta in modo esteso. Resta il rammarico, anche se le cautele utilizzate per proteggere l’identità del testimone erano doverose ed automatiche, nella situazione di violenza anche di stampo eversivo che coinvolge le frange estreme del movimento No Tav – di non aver aperto subito un contatto diretto con l’attivista ferito, risultato poi una persona non solo umanamente corretta e profondamente onesta ma un uomo dagli ideali cristallini, che si batte contro la Tav, da valsusino, sempre a viso scoperto e solo con la forza del suo impegno e delle sue idee, che siano condivisibili o meno. In allora prevalse il consueto protocollo di tutela delle fonti. Mai fu nascosto nulla di nulla. Alcuni elementi del movimento già tentarono di strumentalizzare, nel novembre 2011 questa vicenda. Gli esposti inviati alla A.G. sono stati archiviati definitivamente pochi mesi fa. Altro non ho da aggiungere, se non che l’attacco personale nei miei confronti ma anche di giornalisti di altre testate, ha acquisite forme parossistiche, una sorta di linciaggio mediatico attuato con tecniche e media diversi, propedeutico all’istituzione di un pesante clima intimidatorio, con lo scopo ormai evidente di passare dagli attentati ai mezzi delle imprese Tav, dalle minacce ai lavoratori e agli amministratori con allineati, ad attentati che hanno come obiettivo l’incolumità delle persone stesse, individuate via via come nemici da eliminare. Fatti molto recenti lo dimostrano in modo inequivoco».

Massimo Numa – giornalista “La Stampa”      

 

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