Quando a capo della Procura di Perugia ci finisce un giudice "fuori ruolo" per incarichi amministrativi di scelta politica
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Niente rivoluzione, insomma. Il Palamara-gate, a quanto pare, non è altro che un’operazione di facciata con un capro espiatorio. Nulla più. Basta vedere cosa accade alla Procura di Perugia.

E a dirlo è un giudice, Andrea Reale, che dalle colonne del Fatto lancia un atto d’accusa verso i colleghi non indifferente. A distanza di più di un anno dalla scoperta del più grande scandalo che ha coinvolto l’Ordine giudiziario –spiega il magistrato- sembra che la bava collerica dei maggiorenti dei gruppi della cosiddetta sinistra giudiziaria – quelli che più di tutti avevano chiesto, senza alcun contraddittorio con gli interessati, le teste dei consiglieri del Csm coinvolti in un incontro notturno in un hotel romano per pilotare una nomina – si siano trasformati in un afasico e imbarazzato bisbiglio salottiero.”

Si scopre, dunque, che Magistratura democratica e Movimento per la giustizia (Area democratica per la giustizia) hanno ottenuto, nel giro di pochi mesi, “il ribaltamento delle posizioni di vertice dentro la magistratura associata e dentro il governo autonomo, persino dentro il ministero della Giustizia (dove è giunto un nuovo capo di Gabinetto, di chiara matrice correntizia)“.

Per la prima volta, la componente laica del Csm è riuscita a posizionare un suo uomo a Procuratore capo di Perugia, “ossia presso l’Ufficio titolare dell’esercizio dell’azione penale per i reati commessi dalle toghe della Capitale che deve condurre il processo a carico di Luca Palamara e dei suoi coimputati”.

Un Ufficio requirente “che più di tutti avrebbe dovuto dimostrare equidistanza e lontananza da qualsiasi gruppo correntizio e da qualsiasi soggetto politico” aggiunge ancora Reale. A guidarlo quell’Ufficio è Raffaele Cantone, un magistrato rimasto fuori ruolo per tantissimi anni per un incarico amministrativo di scelta politica e indicato da un ex presidente del Consiglio del Pd come papabile candidato a premier.

Gli incarichi politici di Raffaele Cantone

E, a ben vedere, Cantone di incarichi, grazie alla politica, ne ha collezionati un bel po’. Nel 2011 viene nominato dal Ministro per la Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, componente della Commissione che elabora le prime proposte anticorruzione del governo Monti da cui nascerà la Legge Severino. Nel giugno del 2013, l’allora Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta (Pd), lo nomina componente della task force per l’elaborazione di proposte in tema di lotta alla criminalità organizzata. Qualche mese dopo, il neo premier Matteo Renzi un Consiglio, Matteo Renzi (Pd), propone Cantone alla presidenza dell’Autorità nazionale anticorruzione.  

“La massima politicizzazione della magistratura”

“Il rischio enorme -prosegue Reale- è quello di determinare la massima politicizzazione della magistratura, la cui immagine di imparzialità e di indipendenza è stata enormemente appannata proprio dalle recenti scoperte di intese tra i maggiorenti dei gruppi associati per “attaccare” avversari politici e poter condizionare gli equilibri e le alleanze tra i partiti politici.”

“Quello su cui, infine, si continua a glissare non è soltanto il doppiopesismo nella persecuzione di condotte del tutto analoghe, se non peggiori, rispetto a quelle venute alla luce un anno fa, ma quel pericolosissimo e deleterio collateralismo politico che gli ambienti della sinistra giudiziaria continuano a mantenere sia con esponenti del Parlamento, sia con esponenti del mondo accademico, sia con giornalisti delle più importanti testate giornalistiche e del mondo massmediatico, sia infine con la loro presenza in posizioni apicali amministrative o consultive nei più importanti Palazzi del potere romano (dal Quirinale in giù).”

Di admin

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