Roberto Fiore, il neofascista collaboratore dei Servizi e mai fermato dallo Stato italiano
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Siamo al ventuno aprile 1999. Tra pochi giorni è la festa della Liberazione. L’Italia è pronta a ricordare la sconfitta del nazi-fascismo. Ma all’aeroporto di Fiumicino c’è un neofascista conclamato. Un terrorista nero che è riuscito a restare impunito.

Si chiama Roberto Fiore. Condannato per banda armata e associazione sovversiva come capo di Terza posizione, l’organizzazione che alla fine degli anni Settanta ha riunito alcuni dei criminali più violenti della destra eversiva. Dai ranghi di Terza Posizione è uscita una generazione di stragisti, assassini, rapinatori, sequestratori. Dichiarato colpevole in tutti i gradi di giudizio, Fiore avrebbe dovuto scontare almeno cinque anni e mezzo di reclusione. Invece è scappato all’estero. E a Londra ha fatto molti soldi con appoggi sospetti. Rientra in Italia, a quattro giorni dal 25 aprile 1999, è un uomo libero. Ricco. Pronto a guidare un nuovo movimento politico. Neofascista, razzista, pieno di criminali violenti. Come il precedente, ma con una sigla diversa: Forza Nuova. La prima fucina della delinquenza politica di oggi.

Fiore è libero perché, dopo 19 anni di latitanza all’estero, in Italia cadono in prescrizione perfino le condanne definitive.

Roberto Fiore scappa all’estero nel 1980, a 21 anni, prima di poter essere colpito dalla retata che decapita Terza Posizione, il gruppo armato che dentro ha arruolato terroristi neri poi confluiti nei Nar. Quando i suoi ex camerati Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini eseguono la strage di Bologna, lui è già in Inghilterra. Al sicuro, con altri complici neri. Nel 1982 un giudice britannico respinge la richiesta italiana di estradizione.

Roberto Fiore e l’altro leader di Terza posizione, Massimo Morsello, restano liberi anche dopo essere stati condannati in tutti i tre gradi di giudizio. In Italia intanto Fioravanti e la Mambro cercano di rimescolare le carte con lo scopo di sottrarsi all’accusa per strage. Inventano un falso alibi, costruito proprio attorno a Fiore e a un altro fondatore di Terza Posizione, Gabriele Adinolfi, ora ideologo di Casapound.

Gli intrecci tra le organizzazioni e il terrorismo

Fioravanti e Mambro vengono condannati anche per l’omicidio di Francesco Mangiameli, ex dirigente siciliano di Terza posizione, ammazzato il 9 settembre 1980 perché era uno dei pochi a conoscere la verità su Bologna. E ne aveva parlato con un ex colonnello dei servizi, Amos Spiazzi, che decise di lanciare l’allarme con una intervista a L’Espresso. La Cassazione, nella sentenza definitiva sulla strage di Bologna, spiega che Fiore e altri ex di Terza Posizione sono scappati proprio per non fare la stessa fine di Mangiameli.

A Londra Roberto Fiore e Morsello ottengono appoggi importanti e misteriosi. La stampa inglese li accusa più volte di aver collaborato con i servizi segreti (MI6). Fiore ha sempre respinto questo sospetto. Eppure in un rapporto firmato nel 1991 dalla prima commissione d’inchiesta del parlamento europeo su razzismo e xenofobia, in particolare, da due importanti esponenti di Alleanza nazionale, Enzo Fragalà e Alfredo Mantica si ricorda la fortissima amicizia tra Fiore e il leader dell’estrema destra britannica Nick Griffin. Il presidente della commissione stragi, nell’audizione del 2000, mette a verbale una domanda esplicita:

Presidente: “Ritiene che Fiore e Morsello fossero agenti del servizio inglese?”.

Fragalà: “Non ritengo, c’è scritto, è un dato obiettivo, mai smentito da nessuno… D’altro canto, altrimenti come si fa a immaginare che due latitanti italiani, segnalati come pericolosi, possano costruire lì in Inghilterra un impero economico con 1.300 appartamenti?”.

L’avvocato Fragalà è stato ucciso nel 2010 a Palermo. Per i pm Fragalà è stato ucciso da Cosa nostra perché aveva convinto alcuni clienti a collaborare. La mafia aveva progettato un raid punitivo per dare una lezione a tutta la categoria.

Fiore: fascista in doppiopetto

Fiore rientra a Roma con un sacco di soldi. Non si è mai pentito. Nella lunga latitanza, ha stretto rapporti con leader razzisti e neonazisti, servizi segreti e finanziatori rimasti nell’ombra. Ai giovani italiani si presenta come un fervente cattolico, fedele ai valori della tradizione. Ma anche come un. perseguitato. Fiore è nato a Roma in una famiglia borghese e fascista, è sposato con la spagnola Esmeralda Burgos, padre di undici figli. Contrarissimo all’aborto e all’omosessualità. Nel 2000 pubblica un libro con Gabriele Adinolfi (“Noi, Terza Posizione”) dove rivela che suo padre, Amedeo Fiore, combattente per Mussolini a Salò, si sarebbe “offerto volontario per il progetto, poi non realizzato, dei kamikaze italiani”.

Forza Nuova Fiore la fonda nel 1997, quando ancora è a Londra.

È un partito nazionale e apre le prime 50 sedi provinciali. Ma già alla fine del 1999 il capo dell’antiterrorismo, Ansoino Andreassi, sentito dal Parlamento, lo accusa di far parte di una rete internazionale di finanziatori di naziskin. Fiore smentisce e querela, ma non intimidisce il prefetto. Il leader è un intoccabile: molte indagini, qualche processo, ma nessuna nuova condanna. Fiore si presenta come leader ufficiale di un partito che partecipa alle elezioni. Alle comunali di Roma, nel 2001, il primo candidato è un nipote di Benito Mussolini. Negli anni d’oro di Berlusconi, Forza Nuova tratta alleanze elettorali con il centro-destra, con esiti alterni. Nel 2008 Fiore entra nel parlamento europeo, occupando il seggio lasciato da Alessandra Mussolini.

L’Osservatorio democratico sulle nuove destre ha schedato una serie di reati impressionanti.

Nell’aprile 1999, a Roma, vengono rinviati a giudizio 25 naziskin per violenze, minacce e istigazione all’odio razziale. Il gruppo fa parte della rete internazionale degli “hammerskin”: il presunto capo-cellula è il responsabile di Forza Nuova a Milano. Lo stesso Fiore viene inquisito come finanziatore dei neonazisti. Ma tutte le accuse restano poi coperte dalla prescrizione. Nel dicembre 2000 il neofascista Andrea Insabato resta ferito mentre fa esplodere una bomba all’ingresso del Manifesto, lo storico quotidiano comunista. Insabato era stato il capo di Terza Posizione.

Racconta L’Espresso: “Negli stessi mesi, a Padova, un gruppo di neofascisti finisce in cella dopo un grosso sequestro di armi ed esplosivi: tra gli arrestati c’è un candidato di Forza Nuova alle comunali. Nel gennaio 2003 una squadraccia di affiliati irrompe in una tv di Verona e si esibisce in un pestaggio in diretta di Adel Smith, un musulmano che contestava i crocefissi nei luoghi pubblici. Nell’aprile 2004, a Bari, 15 forzanovisti vengono arrestati per una serie di raid con mazze, bastoni e catene. Nel marzo 2005 il candidato di Forza Nuova a Siracusa viene accusato di aver organizzato attentati contro la Cgil e un ospedale. Nell’aprile 2005 Andrea Rufino e Giovanni Marion, due soci fondatori di Easy London, la succursale italiana delle imprese di Fiore, vengono arrestati per l’arsenale di armi ed esplosivi (con fucili militari e bombe a mano) scoperto in via Nomentana a Roma”.

Secondo l’Osservatorio, le vittime sono stranieri poveri, giovani di sinistra, gay e medici.

Le uniche cifre ufficiali su Forza Nuova nel suo insieme risalgono a due anni fa. Il ministero dell’Interno rende pubbliche le cifre: in 65 mesi, tra il 2011 e il 2016, ben 240 denunce e dieci arresti. Quattro raid al mese. Un attacco neofascista alla settimana.

Roberto Fiore si è sempre proclamato estraneo a tutti i reati. Rivendica le azioni politiche, anche se apertamente razziste.

Nel 2013, ad esempio, la sezione di Macerata attacca con manifesti xenofobi la ministra Kyenge. E lui li difende:

“La Kyenge dovrebbe tornare in Congo, non capisco come abbia ottenuto la cittadinanza”.

Tra un’inchiesta e l’altra, Roberto Fiore ha fatto strada anche nel mondo degli affari. In Italia risulta intestatario solo di una piccola società, la Immobiliare Brighton. Per il resto la visura camerale mostra una sfilza di cambiali e assegni non pagati. Dice di sé:

Sono 40 anni che faccio attività economica e non mi è stato mai trovato un singolo errore”.

Gli affari ufficiali di Fiore sono quasi tutti all’estero. Si concentrano in Inghilterra, soprattutto, dove il leader di Forza Nuova è riuscito nell’ardua impresa di creare un impero finanziario mentre era latitante.

“Abbiamo cominciato lavando piatti nei ristoranti e facendo gli autisti di taxi. Poi abbiamo avviato una piccola agenzia. Ma il genio degli italiani, si sa, porta oltre”.

L’origine della ricchezza

Fiore ha spiegato l’origine delle sue ricchezze: una rete di società specializzata in viaggi-studio a Londra, forte di proprietà immobiliari e di due marchi noti nel settore, London Orange e Easy London. Al presunto genio italico, però, si aggiunge una massiccia dose di opacità finanziaria. Fanno infatti riferimento a Fiore e ai suoi sodali tre strutture britanniche di trust (società fiduciarie, dove i titolari possono restare anonimi) nelle cui casse sono affluite centinaia di migliaia di sterline. Soldi entrati per anni come donazioni anonime. E poi finiti a società possedute direttamente dalla famiglia del leader di Forza Nuova. Solo negli ultimi quattro anni un trust intitolato all’Arcangelo Michele ha incassato 475 mila euro da elargizioni liberali in Gran Bretagna. Chi ha mostrato tanta generosità nei confronti del leader neofascista? Mistero.

L’attività economica del leader di Forza Nuova non è però circoscritta al solo Regno Unito. Il patriota Fiore ha fatto rotta anche su Cipro, uno dei più rinomati paradisi fiscali europei. Per cinque anni, fino al gennaio del 2016, Fiore è stato infatti azionista della Vis Ecologia, società che si occupa ufficialmente di “riciclo di materiali”, ma che ha tutte le caratteristiche della scatola vuota: zero dipendenti, niente sito internet, sede negli uffici di uno studio di commercialisti locali.

Attraverso l’associazione Alexandrite, il neofascista romano ha di recente organizzato viaggi in Crimea di alcune imprese italiane che hanno poi deciso di trasferire lì la produzione. Dall’Unione europea, di cui però Fiore ha fatto parte dal 2008 al 2009 come parlamentare, ha ricevuto un finanziamento pubblico da 600 mila euro incassato dalla Apf, la coalizione di estrema destra presieduta dal politico romano. Affari che arrivano anche attraverso la società Gruppo Italiana Servizi Postali, un’azienda privata di spedizioni che ha come partner tecnologico Western Union, il servizio di money transfer prediletto dagli immigrati. Eppure proprio Gruppo Italiana Servizi Postali è una delle società più importanti della galassia neofascista: tra i fondatori c’è il figlio di Roberto Fiore, Alessandro, mentre l’attuale azionista di maggioranza è l’ex candidato Beniamino Iannace, socio del leader nero in vari altri business in giro per il mondo.

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