Scarcerazioni dei boss: i mafiosi non volevano Nino Di Matteo al Dap
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Come abbiamo raccontato, alcuni giorni fa il Tribunale di Sorveglianza di Sassari ha disposto la scarcerazione di Pasquale Zagaria. L’imprenditore è recluso al 41 bis ed è legato al clan dei Casalesi, fratello del superboss Michele Zagaria. Dopo le sei scarcerazioni dei boss, e le proteste di magistrati e cittadini, il ministro Bonafede, rimasto in silenzio per giorni, si è improvvisamente svegliato.

“Non ho poteri” ha detto subito il ministro parlando della vicenda delle scarcerazioni. Eppure, in questi giorni, proprio il ministro Bonafede ha presentato un decreto in Parlamento per far fronte alla valanga che sta travolgendo la giustizia italiana. E anche un po’ lui.

I boss scarcerati

Nel frattempo è stato scarcerato il capomafia palermitano Francesco Bonura, tra i padrini più influenti di Cosa nostra. Un altro che potrà beneficiare della scarcerazione sarà Giuseppe Sansone, arrestato nel blitz del 2018. In totale sono 40 i boss scarcerati. E potrebbero seguirne altri tra i quali: Leoluca Bagarella, Pippo Calò, Benedetto Capizzi.

L’inaccettabile sciacallaggio

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha parlato di “inaccettabile sciacallaggio”. Per poi spingersi oltre: “Sostenere che alcuni esponenti mafiosi sono stati scarcerati per il decreto legge Cura Italia – ha affermato il ministro della Giustizia – non solo è falso, è pericoloso e irresponsabile”. Si tratta piuttosto di “decisioni assunte dai giudici nella loro piena autonomia che in alcun modo possono essere attribuite all’esecutivo”, ha sottolineato.

E, infatti, al netto della solita propaganda becera della destra italiana, il punto non è questo. Il Cura Italia, come dice il ministro, non c’entra nulla con la scarcerazione dei boss. A scarcerarli, infatti, è stata la giustizia.

Il caso Bonura

Nelle motivazioni del tribunale di Sorveglianza di Milano, competente per la posizione di Bonura, c’è scritto che il motivo della scarcerazione: “I marcatori tumorali sono aumentati del suo male al colon”. Una condizione che secondo il magistrato fa ragionevolmente escludere che possa fuggire o reiterare il reato. “In considerazione dell’età avanzata del soggetto e della presenza di importanti problematiche di salute, con particolare riguardo alle patologie di natura oncologica e cardiaca, vi siano nell’attualità i presupposti per il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena”. Insomma Bonura può tornare nella sua casa di Palermo.

La circolare Dap

Non solo il tribunale di Sorveglianza di Milano, ma anche il Dap ha una grossa responsabilità. Infatti il 20 e il 21 marzo del 2020 il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria invia due circolari di 6 pagine ciascuno per regolamentare la vita carceraria al tempo del Covid. L’obiettivo è anche quello di chiedere agli istituti penitenziari un monitoraggio continuo e affidabile per permettere ai magistrati una valutazione sulle condizioni di salute e di età dei carcerati. Un modo anche per limitare il contagio a causa del sovraffollamento delle carceri. L’inghippo nasce qui. E a quel punto il Dap dirama una nota ufficiale.

Un “semplice monitoraggio – spiega la nota – con informazioni per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età, comprensive delle eventuali relazioni inerenti la pericolosità dei soggetti, che non ha, né mai potrebbe avere, alcun automatismo in termini di scarcerazioni: le valutazioni della magistratura sullo stato di salute di quei detenuti e la loro compatibilità con la detenzione avviene ovviamente in totale autonomia e indipendenza rispetto al lavoro dell’amministrazione penitenziaria. Dal ministero – conclude la nota del Dap – comunque sono stati attivati gli uffici per fare le tutte le opportune verifiche e approfondimenti.

Bonafede nomina Basentini

A nominare il Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini, fu proprio l’attuale ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Dunque, Bonafede avrà o no una responsabilità politica in questa vicenda?

I boss non volevano al Dap Di Matteo 

In quei giorni in cui Bonafede stava facendo quadrare i nomi che avrebbero dovuto far parte dalla sua squadra. Parallelamente, gli agenti del Gruppo Operativo Mobile (GOM), reparto mobile del Corpo di Polizia Penitenziaria, in quei giorni inviavano una relazione di servizio con gravi affermazioni fatte da detenuti al regime 41 bis. Tra loro commentavano le indiscrezioni sulle nomine ai ministeri del nascente governo giallo-verde. Una eventuale nomina di Di Matteo al Dap, avrebbe preoccupato molto i mafiosi: “Se viene questo Nino Di Matteo siamo consumati, per noi è finita”. Sarebbero queste le parole captate dagli agenti, poi trasmesse anche all’autorità giudiziaria. Inoltre si riproponevano di fare qualcosa per manifestare la propria contrarietà, con proteste o scioperi. Tutto ciò venne trasmesso anche al ministro della Giustizia, proprio perché il Dap è alle sue dirette dipendenze.

Perché il ministro Bonafede non ha proposto a capo di quell’ufficio il pm Di Matteo?

Oggi Bonafede rimette mano alla nomina e chiede al Consiglio Superiore della Magistratura di destinare al ruolo di vicecapo del Dap, Roberto Tartaglia, 38 anni, oggi consulente della commissione antimafia. Un’operazione che suona come una sorta di commissariamento di Basentini, che potrebbe essere sul punto di dimettersi.

Il decreto legge

Nel decreto legge di Bonafede sarà inserita la regola che prima di qualsiasi scarcerazione di boss mafiosi, soprattutto di quelli detenuti al 41-bis, i magistrati di sorveglianza dovranno chiedere il parere obbligatorio dei colleghi della procura nazionale Antimafia e delle singole Direzioni distrettuali Antimafia.

Perché Bonafede dice che sulla scarcerazione dei boss non ha potere? Eppure interviene con un decreto legge. Poteva, forse, farlo prima?

 

di Antonio Del Furbo

antonio.delfurbo@zonedombratv.it

Di admin

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