Semiconduttori, la tecnologia usata per il controllo. E i cinesi conquistano l'Italia
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Le due righe sono state ben nascoste tra le oltre trecento pagine mandate a Bruxelles dal governo. Un piccolo passaggio fra moltissimi nel Piano di ripresa e resilienza (Pnrr). Uno “stanziamento di 750 milioni di euro di contributi a sostegno di progetti industriali ad alto contenuto tecnologico, tra i quali ricade la produzione di semiconduttori”.

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Ovviamente non si fa cenno all’idea che si nasconde dietro quella frase: oggi l’indipendenza strategica nelle tecnologie essenziali conta come la difesa dei confini. Affermazione che rappresenta la punta di un iceberg: lo sviluppo di una fabbrica di microchip a Catania. Era nei piani già definiti a gennaio ed è rimasto nella versione finale del Pnrr. Dalle risorse del Recovery dovrebbero affluire 750 milioni di euro e diventa probabile che l’investimento possa valere nel complesso oltre un miliardo.

L’italo-francese St Microelectronics

Le caratteristiche dei semiconduttori richiesti fanno sì che si profili già un chiaro favorito, già presente a Catania: l’italo-francese St Microelectronics. Proprio l’anno scorso ha superato i 10 miliardi di euro di fatturato ed è leader mondiale in alcuni chip per beni di consumo come gli smartphone o le auto. Al netto degli investimenti produttivi e dell’occupazione di qualità, per l’Italia si tratta di un’inversione di rotta. I semiconduttori oggi sono componenti essenziali nel funzionamento di qualunque società avanzata o emergente. Sono illeggibili, anche ai controlli di sicurezza, perché il diametro dei loro transistor è inferiore a quello di un coronavirus. Sono ovunque, dai telefoni alle auto ai centri che raccolgono i dati di miliardi di persone.

Mille i miliardi di semiconduttori che vengono prodotti nel mondo ogni anno e se ne vendono per 450 miliardi di dollari e ogni persona dipende da migliaia di essi ogni giorno. L’Italia, però, da qualche anno ha visto ridursi la propria capacità di produzione o ha permesso che fosse ceduta. Durante le ultime settimane del governo gialloverde nel luglio del 2019, la Smic Hong Kong International Limited e la cinese Wuxi Xinchanweixin Semiconductor hanno preso il controllo al 100% della LFoundry di Avezzano e l’Aquila. Il complesso ha 1.500 dipendenti che produce chip per auto, macchine industriali, medicali o della sicurezza.

La preoccupazione dell’Intelligence europea

Possibile che da Roma nessuno del governo sia riuscito a bloccare la presa di controllo di LFoundry da parte di investitori cinesi? Da allora molto è cambiato. L’Italia e l’Europa sono più refrattarie all’ingresso nei settori strategici di attori di Paesi non alleati. E sono più consapevoli della propria vulnerabilità nelle catene globali del valore. “Stiamo entrando in un’epoca di turbolenze – ha detto l’altro giorno a Politico il commissario Ue del settore Thierry Breton -. Non possiamo farci prendere in ostaggio in nessun modo”. In queste settimane lo sono però gli impianti in Europa di Stellantis (anche a Melfi), Ford, Jaguar, Land Rover, Daimler, Bmw e Volkswagen, tutti bloccati dalla carenza di semiconduttori che vanno negli airbag, nei sistemi di allarme e in centinaia di funzioni.

Negli ultimi mesi una ventina di Paesi europei, Italia inclusa, hanno dunque promesso di investire una ventina di miliardi di euro per sviluppare la produzione di almeno una parte del proprio fabbisogno di semiconduttori. Il progetto su Catania è una tessera del mosaico. Non è detto però che basti a recuperare tutto il ritardo. E non tanto perché nel 2021 Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, la leader mondiale di settore, ha un budget di investimenti da 30 miliardi di dollari: più di quella di tutta Europa nei prossimi anni. Conta anche il merito. Per anni a venire gli europei non saranno in grado di produrre i transistor più piccoli – sette miliardesimi di metro – usati nei centri dati su cloud, nell’intelligenza artificiale e nei supercomputer delle grandi aziende strategiche.

E l’Europa sarà per molti anni anni ancora dipendente tecnologica di Stati Uniti e Cina.

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