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Al convegno, organizzato dai grillini, è intervenuto anche Antonio Massari, giornalista de Il Fatto Quotidiano, che, all’indomani della sentenza di Bussi, intervistò un giudice popolare. di Antonio Del Furbo

“Non abbiamo neppure letto gli atti, a cena ci hanno consigliato di derubricare il reato” dichiarò la donna. E ancora:Non ero serena quando ho emesso la sentenza per la discarica di Bussi. Capivo l’importanza di questa sentenza, sono stata sorteggiata, ho preso tutto molto seriamente, certo con i miei limiti, con le mie conoscenze giuridiche, ma io in questa sentenza, soprattutto nelle sue motivazioni, proprio non mi riconosco”. A seguire si aggiunse la dichiarazione dell’altra signora che destò ancora più rabbia:“Neanche io ero serena. Ma le dico di più: non abbiamo mai letto gli atti del processo”.

Una richiesta di lettura degli atti più volte sollecitata dalle due donne ma sempre negate.

E loro, insieme ad altri quattro giudici della Corte d’Assise, assolsero i 19 imputati accusati del reato di avvelenamento delle acque e derubricando il disastro ambientale a disastro colposo. Una pena non scontata, però, per sopraggiunta prescrizione. Dunque, dopo cinque ore di camera di consiglio, Camillo Romandini, il presidente della Corte di Assise, non accolse le richieste dei due pm, Bellelli e Mantini, che avevano chiesto pene tra i 4 e 12 anni. Non avremmo voluto derubricare il dolo in colpa” riferirono ancora le signore. “Eravamo in linea con la posizione dell’avvocatura dello Stato: eravamo in quattro giudici popolari su quella posizione. E io sono tuttora convinta che vi sia stata la consapevolezza di inquinare”.

Tre giorni prima della sentenza, il 16 dicembre, ad una cena organizzata in un locale pescarese parteciparono, oltre ad alcune giudici popolari, Camillo Romandini e Paolo di Geronimo, quest’ultimo giudice a latere. Le due signore raccontano di aver fatto presente, quella sera, che per loro il dolo c’era e che Romandini rispose che:“se avessimo condannato per dolo, se poi si fossero appellati e avessero vinto la causa, avrebbero potuto citarci personalmente, chiedendoci i danni, e avremmo rischiato di perdere tutto quello che abbiamo…”. Una responsabilità che non sarebbe ricaduta sui giudici popolari.

A conoscenza di possibili anomalie nell’iter processuale sarebbe stato il presidente della Regione, Luciano D’Alfonso. Antonio Massari ha riferito di aver cercato più volte di mettersi in contatto con D’Alfonso, sia tramite telefonate sia tramite sms ma senza ottenere risposte sull’argomento. “È possibile che nessun giornalista abruzzese sia andato dal presidente di Regione a chiedergli se era vero che era al corrente di queste anomalie e, nel caso, quali erano le fonti che lo avevano informato?” ha chiesto Massari.

In effetti il silenzio del governatore abruzzese è quanto meno fuori luogo visto che la Procura di Campobasso e il Csm si stanno occupando di ciò che è accaduto in merito alla sentenza di Bussi. Tra l’altro il ministero di Giustizia dovrebbe inviare a Chieti i propri ispettori. A tutto ciò si aggiunge una nuova interrogazione al ministero di Giustizia per informazioni riguardanti il giudice Romandini.

Come mai Romandini è titolare di un’azienda nonostante il Csm vieti questa possibilità? Perché il giudice è stato nominato presidente della commissione degli alloggi Ater di Lanciano? Non solo. Romandini sarebbe legato alla Bcc Abruzzo e Molise. 

L’altro aspetto inquietante per i grillini sono le dichiarazioni che Geremia Spiniello, il giudice ricusato dal processo di Bussi, fece all’epoca quando era ancora Presidente della Corte d’Assise di Chieti. “Perché Spiniello fece quelle dichiarazioni?” (la Corte avrebbe “reso giustizia al territorio” aveva detto Spiniello) chiede Andrea Colletti, parlamentare del M5s. E aggiunge:“parlando con dei miei colleghi ho capito che, forse, l’obiettivo del giudice era di tirarsi fuori da questo processo”.

“Siamo in alto mare su tutto: certezza del diritto, bonifica, ecc.” ha tuonato l’onorevole Gianluca Vacca del M5s. “Lo Stato non c’è su questa vicenda. Lo Stato è stato assente sia prima che dopo il 2007. Abbiamo in commissario straordinario che paghiamo con i nostri soldi e si rimpalla le responsabilità con il ministero. Dov’è lo Stato? 50 milioni stanziati per la bonifica e non sono mai stati spesi. Gli unici che c’erano e continuano a esserci sono i cittadini. E questo è anche e soprattuto colpa dello stato dell’informazione che in Abruzzo è drammatico.”

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