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È stato pubblicato lo Studio Economico del Settore Tv Privato Italiano della FRT. Perdite record per Tv locali. Rebecchini (Frt): “situazione drammatica”.

Apprendere da uno studio della Federazione Radio Televisioni che il settore vive una profonda crisi non aggiunge nulla a ciò che in molti già sapevano. Come sempre, rappresentanti di settore e sindacati, urlano e si strappano vesti quando il processo, innescatosi anni fa, non può più essere arginato. È evidente l’incapacità di tali uomini nel prevedere crisi di sistema oltre a quella di progettare una via d’uscita dando una risposta pratica alla crisi strutturale. 

I risultati dello “Studio economico del Settore Televisivo Privato Italiano” pubblicato annualmente oltre che dalla FRT anche dai Sindacati SLC-CGIL, FIStel-CISL e UILCOM-UIL evidenziano che se non si trovano le giuste soluzioni in brevissimo tempo il settore rischia l’estinzione.

I dati

I bilanci 2011 di 351 società che amministrano emittenti televisive locali operanti in Italia confermano una perdita di 75,8 milioni di euro.  Il saldo tra utile e perdite presenta, pertanto, un valore negativo pari a € -71,2 mln (€ -21.3 mln nel 2010). Il settore va male fin dal 2008 (-19 mln nel 2008, -43 mln nel 2009, -21 mln nel 2010 e, appunto, -71 mln nel 2011), anno coincidente con l’inizio della crisi mondiale e con l’avvio del digitale terrestre in Italia. Negli anni precedenti il saldo tra utili e perdite è stato sempre positivo o in pareggio. A conti fatti il saldo negativo tra utili e perdite negli ultimi quattro anni ammonta a circa 155 mln di euro. Nel 2011 i ricavi totali (pubblicità + contributi pubblici e altri ricavi) sono stati pari a € 514 mln, in calo del 10% rispetto al 2010 e del 17% rispetto al 2008. I ricavi pubblicitari ammontano a € 391 mln (€ 425 mln nel 2010) in calo di oltre € 96 mln rispetto al 2008. Anche le altre fonti di entrate (contributi pubblici e ricavi diversi) presentano un calo di circa il 17% sull’anno precedente. Nelle fasi di crisi il settore non sembra capace di trovare, in tempi rapidi, nuovi equilibri economici, denotando una forte rigidità strutturale sui costi. 

Per ciò che riguarda i costo per il personale è addirittura aumentato sia in termini di valore (€ 168 mln contro 164 mln del 2010) che in termini di incidenza sui ricavi (32,6% contro 28,6% del 2010). I costi di produzione (al netto dei costi del personale e degli ammortamenti) diminuiscono, passando da 389 mln del 2010 a 368 mln. «E’ del tutto evidente che senza le misure di sostegno, già insufficienti a compensare il calo della raccolta pubblicitaria, il sistema è destinato a collassare nell’arco di pochi anni» dicono i rappresentanti del settore.  Dei 514 mln complessivi ben 456 mln, pari all’89%, sono realizzati in 9 regioni; il rimanente 11%, pari a € 58,7 mln, viene invece prodotto dalle restanti 11 regioni (Liguria, Sardegna, Abruzzo, Calabria, Marche, Friuli VG, Trentino AA, Molise, Umbria, Basilicata e Valle d’Aosta) le quali sono pure quelle che stanno subendo di più i contraccolpi della crisi economica e del cambiamento strutturale del mercato avendo realizzato perdite di ricavi superiori alla media nazionale (-21,59% contro -10,16%). 

La crisi si supera con denaro pubblico?

Secondo i rappresentanti del settore, quindi, per far fronte alle perdite economiche di radio e tv bisogna dare ancora contributi pubblici al settore. Nonostante i dati riportati siano molto chiari e dicano chiaramente che c’è bisogno di una forte sterzata per far fronte alla crisi, gli “esperti” si concertnrano sul solito assistenzialismo. Cala il fatturato, calano le produzioni ma nessuno, tra gli operatori, se ne chiede il motivo. Perché? Perché prima o poi lo Stato verserà loro quote pesanti di euro. E poi? Finiti i soldi che faranno senza aver studiato e realizzato un progetto per uscire dalla situazione in cui il settore è impantanato?  Ne chiederanno altri come già è successo la settimana scorsa in Abruzzo. I rappresentanti delle tv locali hanno incontrato il presidente della Regione Gianni Chiodi per discutere delle problematiche legate al settore. Pare che la richiesta sia stata una: avere più soldi. Nessuno ovviamente ha diffuso la notizia, figuriamoci. In Abruzzo abbiamo decine e decine di emittenti, migliaia di giornalisti ma sulla vicenda nessuno ha comunicato nulla. La Regione si è chiusa in mutismo. Il Corecom, invece, ci ha detto che:«Le tv hanno condiviso la soluzione prospettata da Sorgi di modifica del bando». Ci chiediamo se non fosse il caso che politica e organismi di controllo si impegnino per fare comprendere agli editori che la loro funzione non è molto diversa da un’azienda qualsiasi. Se non sono capaci di gestire un’azienda andassero nei campi o, meglio ancora, a casa. Ci chiediamo solo se la politica è capace di questo atto essendo al servizio degli improvvisati “editori marchettari”.

di Il Supertelegattone

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