Conte nega le carte del Piano anti-covid
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Lo spettro dei morti di Bergamo aleggia ancora sull’esecutivo di governo. Alle famiglie delle vittime Giuseppe Conte e i suoi ministri non ancora riescono a dare risposte.

Il Comitato delle vittime di Bergamo attende dal 18 agosto scorso un cenno da Giuseppe Conte. Due mesi di silenzio che il governo non sembra ancora intenzionato a rompere. Dopo le rivelazioni contenute nel “Libro nero del coronavirus”, dopo il ricorso al Tar e l’interrogazione alla Commissione Ue, c’è un altro dettaglio sul “Piano segreto” anti-Covid mai reso pubblico ufficialmente.

Il governo che non sapeva del Piano nazionale anti-covid

Ad agosto il Comitato “Noi denunceremo, Verità e Giustizia per le vittime del Covid-19” invia una mail di posta certificata a Conte, Speranza e Mattarella per chiedere “che venga desecretato e reso pubblico il piano sulla gestione dell’emergenza pandemica del gennaio 2020”. Una richiesta ufficiale redatta dall’avvocato Consuelo Locati, legale del comitato. Ma rimasta fino ad oggi del tutto ignorata.

L’inizio

Ad aprile Andrea Urbani, direttore al ministero della Salute e membro del Cts, parla di un “piano secretato”. Secondo quanto riferisce gli esperti si sarebbero ispirati per dare i suggerimenti nella prima fase del contagio. Un documento tenuto “riservato” perché pieno di numeri sui contagi drammatici. Troppo per non “spaventare la popolazione”. Il “piano secretato”, subito dopo l’intervista diventa protagonista di un vero e proprio scontro istituzionale. Soprattutto perché le Regioni non sono mai state avvertite della sua esistenza. E il Copasir convoca il ministro della Salute, Roberto Speranza, per avere informazioni in merito. Il ministro pensa bene di scrivere al Cts per avere informazioni sul dossier. Stranamente non contatta Urbani, suo stretto collaboratore.

Non ci sono documenti

Dal Comitato rispondono che “nei verbali” e negli allegati “non è presente alcun documento di studio sulla risposta ad eventuali emergenze pandemiche”. Il “Piano” di cui tanto si sta parlando sarebbe solo “uno studio che ipotizza possibili differenti scenari nella diffusione” dell’epidemia. E così Speranza di fronte al Copasir “derubrica” il “Piano secretato” di Urbani ad una banale analisi accademica e ne deposita un paio di versioni.

Dopo un po’ alcuni cronisti fanno un accesso agli atti (Foia) e domandano di quel famoso documento. Dal ministero prima dicono di non averlo, poi inviano uno “studio” realizzato da Stefano Merler, studioso della Fondazione Bruno Kessler. L’analisi non è il “Piano” di Urbani? Come ricostruito dal “Libro nero del Coronavirus”, tuttavia, i due dossier non sono la stessa cosa. Merler viene invitato a presentare il suo studio al Cts il 12 febbraio. È lo stesso giorno in cui il Comitato istituisce un gruppo di lavoro per realizzare – lo chiama proprio così – un “Piano nazionale sanitario in risposta a un’eventuale emergenza pandemica da Covid-19”.

Il Cts lo approva nella sua “versione finale” il 2 marzo 2020 per presentarlo, via Angelo Borrelli, al ministro Speranza. Ormai è troppo tardi, visto che il virus sta mietendo vittime. Ma il “Piano” esiste eccome, nonostante ad aprile il Cts – che per quel documento aveva chiesto più volte di “secretarlo”.

Ora i parenti delle vittime vogliono capire come sono andate le cose.

Per questo il 18 agosto inviano una Pec indirizzata a ministero della Salute, presidente Conte, Quirinale e Commissione per gli accessi agli atti della Presidenza del Consiglio. L’avvocato nella mail “chiede, ad ad ogni effetto di legge ed in ottemperanza al principio di trasparenza degli atti […], che venga desecretato e reso pubblico il piano sulla gestione dell’emergenza pandemica del gennaio 2020”. Una richiesta inviata anche a Mattarella “in virtù della carica pubblica” e del suo ruolo “nella coscienza comune”. “Confido – scrive Locati – nell’ottica della trasparenza e del rispetto dei cittadini, che tale documento venga reso pubblico nel testo che risulta essere stato redatto nel gennaio 2020, prima della dichiarazione ufficiale dello Stato di emergenza”.

“Un fatto gravissimo”

“Ritengo sia un fatto gravissimo non aver degnato di alcuna risposta un Comitato che rappresenta 70.000 persone – dice Locati al Giornale.it persone che hanno subito lutti e restrizioni della propria libertà e che ora vogliono sapere dai nostri ministri cosa è successo nei mesi decisivi e più tragici di questa pandemia”. La mancata risposta, insiste, “dimostra che non c’è alcuna considerazione dei cittadini” che il governo non ha “mai considerato né rispettato”. È “indignato e arrabbiato” anche Luca Fusco, presidente del Comitato, “per la completa mancanza di trasparenza evidenziata dal Ministero della Salute in ordine alla richiesta di pubblicazione di documenti. Credo che un governo che continui ad evitare il rapporto con i propri cittadini non rappresenti l’idea di democrazia che i padri fondatori della Carta Costituzionale aveva pensato per il nostro paese”.

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