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L’avvocato Gianluca Vitale è netto e parla di situazione non serena intorno ai processi contro i No Tav. La procura torinese tiene sotto scacco i tribunali e parla di caccia alle streghe.

L’avvocato Gianluca Vitale è netto e parla di situazione non serena intorno ai processi contro i No Tav. La procura torinese tiene sotto scacco i tribunali e parla di caccia alle streghe.

“Basta guardare alla quantità degli indagati e alla qualità dei reati contestati per capire che nella procura sabauda è in corso una vera e propria caccia alle streghe” dichiara l’avvocato. Ed in effetti sono ben 987 indagati nel solo triennio 2010-2013. Un lungo elenco di reati contestati tra i quali, i più risibili, violazione di sigilli, costruzione abusiva. Poi: resistenza, violenza, ingiurie, calunnie, minacce, aggressione, stalking, fino a quella più pesante: terrorismo.

LO SCOPO DEI PM

Appaiono chiare le intenzioni dei magistrati che è quello d’impaurire distribuendo mesi di galera a manciate. Il compito delle procure è quello di derubricare una questione politica a problema di ordine pubblico. “Noi crediamo – si legge sul sito ‘autistici’ riconducibile ai No Tav – che ancora una volta lorsignori abbiano fatto il conto senza l’oste. Tanto impegno, il triste finale di carriera di Caselli, risorse enormi spese per combattere il movimento, e cosa vi siete trovati per le mani? Uomini e donne condannate, 4 ragazzi in galera con accuse immonde,  decine di persone impedite nelle loro libertà…e una solidarietà verso i No Tav diffusa e capillare in Italia e in Europa, ma soprattutto una Valle che è tutto fuorché rassegnata a subire le vostre angherie”.

LEGAL TEAM:”IMPOSSIBILE GARANTIRE LA DIFESA”

Il Legal Team, gli avvocati che difendono ben 54 No Tav al maxi processo delle Vallette presso la IV Sezione del Tribunale di Torino, hanno denunciato l’impossibilità di procedere alla difesa dei loro assistiti in un clima sereno.

“Sin dall’inizio del suddetto processo – scrivono gli avvocati – complesso per il numero degli imputati, delle persone offese e dei testimoni indicati dalle parti e per la rilevanza sociale della questione sottesa ai fatti per cui è processo, il Collegio difensivo aveva sottolineato la necessità di gestire il dibattimento in termini di normalità ed aveva rilevato, invece, come la scelta di tenere il processo presso l’Aula delle Vallette, con cadenza bisettimanale e con un orario dalle ore 9 alle 17, rendesse sostanzialmente impossibile ai sottoscritti difensori un esercizio pieno e sereno del diritto di difesa”. Quindi la proposta, al fine di “evitare inasprimenti della questione” fu quella di avviare “una conciliazione tra gli interessi in discussione; il tentativo, lungo e faticoso, aveva finalmente prodotto un risultato positivo nell’incontro organizzato del Presidente del Tribunale, in data 3/12/2013 alla presenza del Collegio giudicante, delle parti processuali e del Presidente e della Consigliera Segretaria del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati”.

Un primo passo verso un accordo ci fu tant’è che “il processo sarebbe proseguito presso il Palazzo di Giustizia, con udienze con cadenza settimanale e con l’impegno delle parti ad elaborare un calendario con il nominativo dei testi da escutere, udienza per udienza, onde avere certezza sulla conclusione in tempi accettabili (indicati nell’ottobre 2014) dell’istruttoria dibattimentale”. In particolare, gli avvocati, concordarono “che le udienze dei giorni 7 e 23 dicembre si svolgessero ancora nell’Aula presso il Carcere delle Vallette, convinti che il percorso concordato sarebbe stato rispettato, convinzione confermata, tra l’altro, da una bozza provvisoria di calendario redatta dal Presidente del Collegio e dalla predisposizione da parte del P.M. del calendario delle udienze riservate all’escussione dei suoi testi”. A questo seguirono “accordi informali con il Presidente del Collegio all’udienza del 23/12 sarebbe stata data ufficialità al nuovo calendario di udienza e sarebbe stato sancito il rientro del processo alla sua sede naturale, il Palazzo di Giustizia”. Ma così non è stato.

Alla conclusione dell’udienza del 23/12, non solo il processo è stato rinviato al 10/1/2014 sempre presso l’Aula c.d. “bunker”, ma è stato, altresì, comunicato che nemmeno il calendario già predisposto poteva ritenersi confermato. Alla successiva udienza del 10/1/14, poi, è stato informalmente comunicato che il processo sarebbe proseguito sempre presso la c.d. Aula Bunker, riservando, altresì, l’ufficializzazione del calendario d’udienza. Tutto ciò premesso, i sottoscritti difensori, certi di aver cercato ogni via per una definizione di buon senso, e che tenesse conto dei diversi interessi contrapposti, delle questioni in discussione, ritengono ingiustificato e incomprensibile il diniego alla prosecuzione del processo nella sua sede naturale e la mancata ufficializzazione del nuovo calendario delle udienze. Ribadiscono l’oggettiva impossibilità di garantire, nelle attuali condizioni, un sereno e concreto esercizio del diritto di difesa.

Rilevano come le attuali modalità di svolgimento del processo sottolineino una asserita “diversità” del processo in corso rispetto agli altri processi, che si svolgono presso il Palazzo di Giustizia e con modalità ordinarie, per presunte ragioni di ordine pubblico che parevano, peraltro, superate in esito agli incontri tenutisi con il Presidente del Tribunale, alla presenza delle parti processuali”.

Quindi la decisione dei 30 avvocati, di “informare l’opinione pubblica di quanto sta accadendo, che contrasta con lo svolgimento di un processo nel pieno rispetto delle garanzie per gli imputati, in un clima di serenità e di imparzialità, come la Costituzione impone”.

UN PROCESSO GIA’ DECISO

http://www.youtube.com/watch?v=9FbeurzM8x4&feature=youtu.be

Gli imputati, il 28 febbraio giorno del processo, avrebbero voluto revocare i loro difensori perché, hanno spiegato al Tg Valle Susa:”il processo è evidentemente segnato e non cambierà niente…”. Fabrizio Salmoni riferisce che l’idea della maggioranza degli imputati e di tutto il Legal Team era quello di leggere una dichiarazione sulla natura del processo e poi uscire dall’aula e raggiungere la Clarea, luogo simbolo della resistenza. 

Il pm Antonio Rinaudo, che aveva più volte cercato di interrompere la lettura del documento in aula, è stato ‘zittito’ dagli imputati. “A niente sono valsi i richiami del Presidente a smettere: gli imputati si univano in coro per leggere il testo. Il pubblico si faceva sentire a sostegno e quando gli imputati spinti dai carabinieri guadagnavano la porta, slogan e cori si sono fatti più alti e sonori. L’aula-bunker ha risuonato per diversi minuti delle voci No Tav, e Giù le mani dalla Valsusa! ha accompagnato fino all’esterno la piccola folla” ha scritto Salmoni.

Il popolo No Tav si è diretto in Clarea ma sulla strada c’è stato uno scontro con la polizia.

IL VIDEO DELLA CARICA DELLA POLIZIA 

http://www.youtube.com/watch?v=9FbeurzM8x4&feature=youtu.be

IL PM RINAUDO

Per capire chi è il pm Antonio Rinaudo basta fare un salto indietro e arrivare al 2006.

“In questi giorni – scirveva il ‘Corriere’ – il pm Antonio Rinaudo si aggirava sperso per i viali della Procura, colpito e affondato da una nota dei carabinieri di Napoli dove si evidenziano rapporti con Moggi, cene e biglietti omaggio alle partite Juve”. Sulla vicenda dichiarò:”Io non posso chiedere la fedina penale alle persone che frequento — diceva —, e fino a pochi giorni fa Moggi era per tutti gli juventini persona rispettabile, anzi, ambita”. 

Lo stesso Rinaudo, in compagnia del collega Andrea Padalino che segue con lui il processo No Tav, fu quello che si presentò, durante gli scontri, al fianco della polizia. E sui social network l’indignazione dei No Tav:”Se c’è ancora chi crede che esista una risoluzione democratica e pacifica al conflitto, dove per democrazia e pacifismo si intende farsi menare da uomini in divisa e subire condanne da magistrati che banchettano allegramente con essi durante i pestaggi, o è male informato o un subdolo imbonitore delle masse. Lo schifo ha superato ogni limite ma è necessario reagire”. Parlano di “Magistrati politicizzati” o di “capi” di un pool capace di iniziative “mirate a disarticolare in maniera quasi definitiva il movimento No Tav”. 

GRILLO E LA CONDANNA RIDICOLA

Beppe Grillo condannato a quattro mesi di reclusione e a cento euro di multa. La grnade decisione del giudice di Torino Elena Rocci. L’ideologo del M5S era imputato per la violazione dei sigilli della baita di Chiomonte. Baita sottoposta a sequestro perché abusiva. I pm Antonio Rinaudo e Andrea Padalino avevano chiesto di condannare Grillo a 9 mesi di carcere e 200 euro di multa. Grillo in quell’occasione aveva pubblicato un video sul suo blog in cui spiegava di essere entrato nella baita perché invitato a mangiare una polenta dai manifestanti.

Bisogna accontentarsi di certa giustizia che non sempre coincide con la legalità. Lo diceva Mahatma Gandhi lo sapeva bene e pure Sandro Pertinilo sperimentò duramente).


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