I giudici liberano Giovanni Brusca, lo "scannacristiani" e il carnefice di Falcone e Borsellino
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Il mafioso Giovanni Brusca ha detto addio per sempre al carcere. E lo Stato lo premia mandandolo a casa 45 giorni prima della scadenza della pena e a pochi giorni dall’anniversario dell’attentato in cui morì Giovanni Falcone con la moglie e la scorta.

L’uomo della strage di Capaci, Giovanni Brusca, è l’assassino di donne e bambini e che operava sotto le direttive di Salvatore Riina. È stato collaboratore di giustizia svelando ai magistrati di tutte le procure d’Italia segreti e retroscena di Cosa nostra. Un’associazione mafiosa che aveva un’ala militare, ma anche contatti con il mondo politico e imprenditoriale.

Oggi le porte di Rebibbia si sono spalancate nel pomeriggio per richiudersi alle sue spalle.

Adesso è un uomo libero. Tecnicamente resta sottoposto a quattro anni di libertà vigilata. A deciderlo la corte d’Appello di Milano.

Giovanni Brusca fu arrestato da agenti della polizia di Stato il 20 maggio 1996 in una villetta vicino ad Agrigento. Il boss era con il fratello Enzo e le rispettive mogli e figli. Il pentito ha cominciato a farlo a marzo del 2000 dopo lunghe polemiche.

Venticinque anni fa la sua compagna e il figlio furono sottoposti a misure urgenti di protezione riservate ai familiari dei collaboratori di giustizia. L’avvocato Vito Ganci, rivelò di avere ricevuto da Giovanni Brusca confidenze su un “complotto” in cui voleva coinvolgere uomini delle istituzioni.

Brusca aveva fatto al suo difensore, tra gli altri, il nome dell’ex presidente della Camera Luciano Violante.

Ma era un piano ideato dallo stesso Brusca per screditare l’antimafia, i collaboratori di giustizia e creare difficoltà in importanti processi di mafia. Questa idea non venne mai attuata. Ma a confermare il piano del falso pentimento fu il fratello, con il quale Giovanni Brusca si era accordato a gesti durante un’udienza di un processo.

In seguito lo stesso Giovanni Brusca ha ammesso la circostanza.

“La mia non è una scelta facile. Pesa la storia della mia famiglia, il dover accusare altri, il giudizio che mio padre darà di me”, disse Giovanni Brusca. Suo padre, Bernardo Brusca, deceduto in carcere, è stato capo della cosca di San Giuseppe Jato, ed è stato un autorevole esponente della cupola.

Nei lunghi interrogatori il boss ammise la sua partecipazione all’attentato a Giovanni Falcone, a numerosi delitti eccellenti e all’uccisione di Giuseppe Di Matteo, il figlio undicenne del pentito Mario Santo Di Matteo strangolato e sciolto nell’acido per vendetta.

Ha parlato degli “aggiustamenti” dei processi.

Brusca ha parlato anche dei rapporti tra Cosa nostra, la politica e l’area grigia fiancheggiatori. Nel 2002 il mafioso si è sposato in carcere con la sua compagna, dalla quale aveva avuto un figlio.

Negli anni passati aveva ottenuto l’autorizzazione dei giudici del tribunale di sorveglianza di Roma, grazie alla “buona condotta”, di godere permessi premio di qualche giorno. Adesso per lui è arrivato il fine pena grazie ad un ultimo abbuono di 45 giorni di liberazione anticipata.

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