Teheran sotto attacco: il blitz che scuote il mondo
Siamo al quarto giorno di conflitto aperto tra Israele e Iran, e l’intensità della campagna aerea israeliana su Teheran segna un punto di non ritorno nella già drammatica instabilità del Medio Oriente. Secondo l’esercito israeliano (IDF), gli attacchi sono mirati a impedire all’Iran di raggiungere la capacità nucleare, colpendo in modo sistematico i vertici militari, i siti di arricchimento dell’uranio e gli scienziati coinvolti nel programma atomico della Repubblica Islamica.
Il bilancio è tragico: almeno 224 morti in Iran da venerdì. L’ultimo ad essere ucciso, nella notte, è stato il nuovo capo di Stato Maggiore, Ali Shadmani, nominato appena quattro giorni prima. Era considerato l’anello di congiunzione tra il potere militare e quello teocratico. Il suo assassinio, avvenuto in un centro di comando nel cuore della capitale, rappresenta una ferita gravissima per la leadership iraniana.
La risposta iraniana: 370 missili e centinaia di droni
Ma l’Iran non è rimasto a guardare. Nella notte, da Teheran sono partiti oltre 370 missili e centinaia di droni verso Israele. L’attacco ha causato 24 morti e oltre 500 feriti. Missili balistici hanno colpito anche la zona di Herzliya, a pochi chilometri da Tel Aviv, mentre droni kamikaze sono stati abbattuti sul Golan.
Israele ha risposto attivando il sistema di difesa Iron Dome e ordinando ai civili di rifugiarsi nei bunker. Le sirene hanno suonato a Tel Aviv, Gerusalemme e in molte altre aree del Paese, ricordando agli israeliani lo spettro costante della guerra totale.
Khan Younis, Gaza: strage durante la distribuzione degli aiuti
Intanto, nella Striscia di Gaza, si consumano massacri quotidiani. A Khan Younis, almeno 45 palestinesi sono stati uccisi mentre attendevano gli aiuti umanitari. Un membro dello staff dell’ospedale Nasser parla di “300 tra morti e feriti” arrivati in poche ore nella struttura. “La situazione è fuori controllo – ha dichiarato il dottor Mohammed Saqer – non possiamo più gestire questi numeri”.
Il giornale di Khamenei: “La distruzione di Israele è l’unica soluzione”
Mentre il conflitto militare si intensifica, la guerra si fa anche ideologica. Il quotidiano Kayhan, vicino all’Ayatollah Khamenei, ha pubblicato un editoriale che sancisce la fine della diplomazia: “La fine della guerra richiede la completa distruzione di Israele”. Nessuna apertura, nessun margine per negoziati: la strategia dell’ayatollah è ormai chiara e apocalittica.
Appello all’unità nazionale: anche i riformisti iraniani con il regime
La crisi sta generando un inedito fronte interno in Iran. Anche il Fronte Riformista, voce storicamente critica nei confronti del regime, ha chiesto compattezza nazionale. “Sotto l’attacco di Israele, sostenuto dagli Usa, non è possibile negoziare”, ha dichiarato Javad Emam, portavoce del fronte, in una mossa che mostra quanto la tensione abbia ridefinito anche gli equilibri interni al Paese.
Trump accende la miccia: “Evacuare Teheran”
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha gettato benzina sul fuoco ordinando ai civili di lasciare Teheran. “Tutti dovrebbero evacuare immediatamente”, ha scritto su Truth Social. La Cina ha reagito con durezza, accusando Trump di “alimentare il conflitto” e di “ostacolare ogni possibilità di de-escalation”. La comunità internazionale teme che le sue dichiarazioni possano provocare una spirale irreversibile.
Il G7 e l’ambiguità occidentale
I leader del G7 hanno ribadito il sostegno alla sicurezza di Israele, condannando nel contempo l’aspirazione dell’Iran ad acquisire armi nucleari. Ma la dichiarazione congiunta ha mostrato una certa ambiguità: se da un lato legittima la difesa israeliana, dall’altro chiede la tutela dei civili e una de-escalation complessiva, inclusa la fine delle ostilità a Gaza. Diplomazia o immobilismo?
I Paesi arabi condannano Israele
Ventuno Paesi arabi hanno firmato una dura condanna degli attacchi israeliani, chiedendo una de-escalation e il rispetto del diritto internazionale. Tra questi anche Paesi strategici come Arabia Saudita, Egitto e Turchia. La dichiarazione rappresenta un segnale chiaro: il conflitto rischia di allargarsi a tutta l’area mediorientale, trascinando attori regionali e globali in una nuova guerra.
Trump lascia il G7, Macron plaude alla scelta
Trump ha lasciato in anticipo il vertice del G7 in Canada per far ritorno a Washington. Una mossa criticata da molti, ma elogiata da Emmanuel Macron che ha visto nella sua partenza un’opportunità per una possibile tregua. Intanto, il Consiglio di Sicurezza USA è stato convocato d’urgenza nella Situation Room.
Natanz e la linea rossa nucleare
Tra i bersagli più sensibili c’è Natanz, sede di uno dei più importanti impianti nucleari iraniani. Le difese aeree sono state attivate dopo una serie di esplosioni. Israele accusa Teheran di voler accelerare l’arricchimento dell’uranio per costruire l’arma atomica. Il rischio di un’azione preventiva è ora altissimo.
Ucraina, la guerra parallela: 55 morti a Kiev
Mentre l’attenzione del mondo è rivolta al Medio Oriente, la guerra in Ucraina prosegue senza sosta. Nella notte, un’ondata di 440 droni e 32 missili ha colpito Kiev, provocando almeno 55 morti e oltre 75 feriti. Il sindaco Klitschko ha parlato di “massacro” e ha chiesto una reazione della comunità internazionale. Anche un cittadino americano è morto nel raid.
Putin invia Shoigu in Corea del Nord
Nel mezzo di questo caos globale, Mosca continua a tessere alleanze pericolose. Il segretario del Consiglio di Sicurezza russo Shoigu è volato in Corea del Nord per colloqui con Kim Jong Un. La Russia cerca sponde strategiche per rafforzare il proprio asse anti-occidentale, mentre l’Ucraina viene martellata giorno e notte.
Conclusione: un nuovo ordine mondiale o l’anticamera del disastro globale?
Gli ultimi giorni hanno mostrato con chiarezza che non siamo di fronte a conflitti isolati, ma a un’unica crisi sistemica. Il collasso delle regole internazionali, la corsa agli armamenti, il ritorno della guerra tra Stati. L’Iran e Israele, la Russia e l’Ucraina, la Cina che osserva e manovra, gli Stati Uniti spaccati tra diplomazia e fuoco.
L’idea di una nuova guerra mondiale non è più fantascienza. Le fiammate che si levano da Teheran e Kiev non sono soltanto esplosioni fisiche, ma sintomi evidenti di un mondo che ha perso il controllo. La domanda, oggi, non è se il conflitto si allargherà. La vera domanda è: chi sarà il prossimo?
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