La corte d'Appello di Palermo scarcera altri 15 boss: festa e fuochi d'artificio in piazza
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L’Italia in meno di 24 ore ripiomba negli anni bui della criminalità organizzata. La città che più paga le conseguenze della nuova stagione giudiziaria italiana è Palermo.

La liberazione di Giovanni Brusca ha solo anticipato quello che accadrà nei prossimi mesi. Tornano in libertà, infatti, quindici mafiosi di Brancaccio per un vizio procedurale. La corte d’Appello di Palermo ha dichiarato nullo il decreto che ha disposto il giudizio per i 15 indagati e ne ha ordinato l’immediata scarcerazione. La corte d’Appello presieduta da Mario Fontana ha recepito il pronunciamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che ha accolto la tesi dei difensori di alcuni imputati secondo cui il gup che firmò i rinvii a giudizio era incompatibile e in quanto in precedenza aveva firmato alcune proroghe di intercettazioni in qualità di gip.

E così, in poche ore, cosa nostra torna protagonista, solo nel male, della vita dei palermitani.

Senza dimenticare che alcune ore fa è stato ucciso Emanuele Burgio, 26 anni, morto al Policlinico dopo essere stato raggiunto da un commando di tre persone. Alla base dell’agguato un regolamento di conti per il controllo dello spaccio alla Vucciria.

Scarcerazioni e agguati a una settimana dal ventinovesimo anniversario di Capaci

E se a Brancaccio ieri sera festeggiavano con i tradizionali fuochi d’artificio i familiari che tornavano dal carcere, alla Vucciria piangevano il figlio di un boss che voleva allargarsi troppo e che si era scontrato con il figlio di un’altra famiglia. Poi in serata è arrivata la notizia di Brusca libero, dell’uomo che ha premuto l’interruttore del telecomando a Capaci e ha sciolto nell’acido il piccolo Di Matteo.

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In un attimo su Palermo si sono riversati uomini e fatti che hanno fatto scattare dei campanelli d’allarme.

Per i mafiosi di Brancaccio il processo ricomincia da capo. Ci sarà una nuova udienza preliminare e un nuovo processo di primo grado. Ma Vincenzo Vella, Giuseppe Caserta, Claudio D’Amore, Giovanni “Johnny” Lucchese e Cosimo Geloso verranno processati da uomini liberi con il solo obbligo di firma.

Le pesanti condanne inflitte in primo grado sono state annullate dalla decisione della corte d’Appello che ha accolto la tesi degli avvocati difensori secondo cui il giudice per l’udienza preliminare era incompatibile.

Mesi che hanno riportato il procedimento alla fase dell’udienza preliminare, ma nel frattempo i termini per la custodia cautelare sono scaduti e gli imputati sono usciti dal carcere. Oltre ai pezzi da novanta della famiglia di Brancaccio ci sono anche i prestanome che hanno schermato le ricchezze del clan.

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