Per qualcuno era un visionario. Per altri, un pazzo da neutralizzare. Molti lo definivano un uomo che aveva capito troppo.
Paolo Ferraro è stato magistrato al Tribunale di Roma per trent’anni. Un uomo delle istituzioni, uno che conosceva a memoria la macchina della giustizia italiana. Ma che a un certo punto, dopo aver incrociato informazioni, nomi, sigle e dinamiche, ha deciso di fare quello che pochi fanno: parlare.
Lo ha fatto in pubblico, davanti a una telecamera, con tono fermo e lucido. Raccontando una realtà scomoda. Un mondo fatto di apparati deviati, infiltrazioni nei servizi, esperimenti di manipolazione mentale. Un sistema parallelo – come lo definiva lui – che agisce dentro e fuori le istituzioni. Il risultato? Ferraro è stato isolato, screditato, e infine espulso dalla magistratura.
La Cecchignola: la denuncia iniziale
Tutto comincia alla Cecchignola, la cittadella militare alla periferia di Roma. È lì che Ferraro racconta di aver scoperto qualcosa che non doveva vedere. Secondo la sua denuncia, all’interno di un appartamento in uso a una collega, si svolgevano attività legate a circuiti di manipolazione mentale, coinvolgendo figure apparentemente insospettabili.
Ferraro parlò di rituali, condizionamenti, abusi e un sistema di controllo estremo. Dichiarazioni fortissime, supportate – a suo dire – da registrazioni, audio e video, mai davvero approfonditi dalle autorità competenti.
“Mi hanno silenziato con la psichiatria”
Dopo le sue dichiarazioni, Ferraro non fu querelato, né formalmente smentito. Ma qualcosa accadde. Venne sottoposto a perizia psichiatrica. Non fu arrestato, ma dichiarato “non idoneo” a continuare la carriera da magistrato. In pratica, lo si mise a tacere usando la strada della follia. “Quando non possono fermarti con la legge, usano la psichiatria”, diceva.
In un passaggio delle sue dichiarazioni, Ferraro lo afferma con chiarezza: “Il discredito non arriva solo con gli articoli sui giornali o i servizi televisivi pilotati. Arriva con il silenzio, con l’etichetta di ‘squilibrato’ appiccicata addosso da chi ha paura della verità.”
I livelli nascosti del potere
Nel video che pubblichiamo in questo articolo, Ferraro va ben oltre la vicenda personale. Parla di un sistema strutturato, ramificato, con centri decisionali che non coincidono con quelli ufficiali. Racconta di come alcuni Servizi segreti siano stati deviati per proteggere interessi oscuri, interni ed esterni allo Stato. Cita casi, sigle, episodi mai indagati a fondo.
Il punto centrale del suo ragionamento è che esiste una “seconda Repubblica invisibile”, dove la legalità è solo un paravento e i poteri reali si esercitano nelle retrovie. Uno schema che chiama “Stato parallelo”.
Il caso Ferraro: dimenticato, o ignorato?
Nei media mainstream, di Paolo Ferraro si è parlato poco. Quando lo si è fatto, è stato spesso per screditarlo. Il suo nome è stato accostato a “complottismo”, “teorie deliranti”, “deviazioni personali”. Pochi, però, hanno ascoltato davvero cosa diceva. Pochi hanno letto i suoi dossier. Nessuno, almeno ufficialmente, ha mai smentito punto per punto quanto denunciava.
Eppure, diverse sue analisi, nel tempo, si sono rivelate coerenti con quanto emerso in altre inchieste: dai casi di spionaggio interno, alle reti di pedofilia istituzionale, ai legami opachi tra politica, affari e poteri occulti.
Le parole che restano
Ferraro è morto nel 2022. La sua vicenda si è spenta nel silenzio, ma il suo volto e le sue parole continuano a circolare in rete. In questo video, suddiviso in 5 parti per facilitarne la fruizione, abbiamo raccolto alcuni dei passaggi più significativi. Non per prendere posizione, ma per aprire una riflessione. Per restituire voce a chi, forse, aveva detto troppo. E proprio per questo è stato tolto di mezzo.
Nel suo appello finale, Ferraro lancia un messaggio diretto, senza filtri:
“Se smettiamo di avere paura, se iniziamo a parlare, quel sistema comincia a crollare. È la paura la loro forza. Il silenzio il loro potere.”
Ecco perché oggi, a distanza di anni, ci sembra giusto riproporre ciò che ha detto. Perché, come scriveva Orwell, “in tempi di menzogna universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”. E chi lo ha fatto va ascoltato. Fino in fondo.
▶ Guarda il video: “Le parole di Paolo Ferraro”
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