Piano pandemico: le zone d'ombra di Speranza e Ranieri Guerra
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Sul piano pandemico continuano a esserci zone d’ombra. Il governo fa finta di nulla e il ministro della Salute, Roberto Speranza, continua a non rispondere.

Intanto le carte cominciano a uscire fuori e restituiscono un quadro abbastanza dettagliato di ciò che è accaduto in questi ultimi due anni.

“Se anche Oms si mette in veste critica non concordata con la sensibilità politica del ministro (…) non credo che facciamo un buon servizio al Paese. Ricordati che hanno appena dato 10 milioni di contributo volontario sulla fiducia e come segno di riconoscenza”.

Così scriveva l’11 maggio Ranieri Guerra a Francesco Zambon, il ricercatore veneziano autore del famoso report critico sull’Italia poi fatto sparire dopo mille pressioni.

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Insomma, Guerra sembrava dire al ricercatore veneziano di smussare i toni per non irritare il governo italiano, che aveva versato dopo anni finalmente un contributo volontario di 10 milioni di euro all’Oms di cui era dipendente anche Zambon. Somma, però, che in realtà non era mai stati versata all’Oms, ma semplicemente annunciati come ipotesi il 4 maggio dal presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte. Poi non versati. Falso pure che l’Italia non avesse mai contribuito all’Oms, perché lo ha fatto ogni anno con le sue leggi di bilancio sia pure per somma lievemente inferiore a quella (8 milioni).

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Ranieri Guerra, direttore generale aggiunto dell’Oms, dice a “Non è l’Arena”: “Io non c’entro, parlate con chi c’era nel 2018”.

Insomma, Ranieri Guerra rispedisce al mittente l’accusa di aver ritirato il dossier sull’Italia impreparata alla pandemia da Covid-19 e si chiama fuori da ogni responsabilità:

“Prima della email sulle date 2006 e 2016 ci sono venti email prima e venti dopo, non capisco perché Zambon si senta oggetto di minacce e pressioni. Le Nazioni Unite sono molto particolari, nessuno può minacciare qualcuno di essere licenziato se non quando c’è una valutazione interna dopo un meccanismo molto articolato. Se mi risulta che la procedura sia stata avviata? Non lo so, sono procedure confidenziali. Io appartengo a una sezione, ci sono 7 uffici e il direttore di Copenaghen ha la responsabilità della sezione di Venezia”. Ranieri Guerra parla, ma non dice, anzi si confonde e cambia versione: “Io non ho mai fatto ritirare nessun rapporto, io non ho potestà, lo decide l’ufficio di Copenaghen, io non sono nella catena di comando, non capisco perché Zambon (il ricercatore di Venezia che ha scoperchiato il caso, nda) parli di me”.

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La questione è, però, il piano pandemico antinfluenzale non aggiornato che si stima sia costato almeno 10.000 vittime di Covid-19. E poi c’è la famosa email con la data 2006 cambiata in 2016. Ranieri Guerra, sul punto, cambia versione:

“La email che avete mostrato mi è stata data per verificare dei dati, era l’11 maggio. Io vedo per la prima volta questa versione, noto delle imperfezioni, molte, non poche e su questa base chiamo Zambon, gli mando una email in cui gli faccio presente le mie osservazioni, lui mi risponde grazie, apporta dei cambiamenti e su questa base il rapporto viene confermato e pubblicato. Poi è stato ritirato dall’ufficio regionale senza consultarmi e senza dirmi niente perché io non ho alcun potere. Non ho fatto alcuna osservazione sulla frase “reazione caotica e creativa dell’Italia. Sincerante non riesco a capire di cosa si parla. Zambon si riferisce all’ufficio Oms di Copenaghen, non a me”.

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Sempre da Giletti, Guerra aggiunge

“Io sono corretto, non le faccio vedere certe cose. Ho un’etica personale e professionale e non le tirerò fuori. Perché ho chiesto di spostare di due giorni la pubblicazione del report? Perché il Ministro della Salute chiese di vedere l’indice del dossier, siamo nello stesso paese e collaboriamo. Il mio suggerimento forte al collega e al direttore di Copenaghen era di informare il Ministero della Salute che sarebbe uscito il dossier, ma solo per correttezza istituzionale. Il Ministro non ha mai interferito”. “Le dirò di più, Zambon mi manda una email dicendo che non ha autorizzazione per la pubblicazione del testo e mi chiede di dargli una mano per pubblicarla, io lo faccio, suggerisco le modifiche e di informare il Ministro”.

“La mia versione sulla email con la data del 2006 e 2016? Si trattava di una revisione del 2006, dare l’idea che l’Italia non abbia un piano pandemico antiinfluenzale è sbagliato. Nella versione che avevo io il riferimento non c’era e correttamente viene messo. Se avessi voluto modificare il file, andavo nelle proprietà e lo facevo. Il piano pandemico antiinfluenzale è lo stesso del 2006 perché viene verificato, considerato valido e ripubblicato nel 2016 perché è ancora buono e perché le nuove regole del gioco decise dall’Oms nel 2017 non sono ancora arrivate. Zambon corregge perché il mio richiamo è esatto. La data è sbagliata perché poi mettono 2017”. 

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Zambon dice altro. Dice, ad esempio, che sono entrati in conflitto perché Guerra si è rifiutato di scrivere che il piano era stato aggiornato.

“Io ho perfino detto che il lavoro era pregevole, andavano fatte delle correzioni e basta, Zambon mi ringrazia, poi il documento viene approvato e pubblicato per 24 ore, ma alla fine sparisce. Io non so perché, io non c’entro. Se è vero che ho minacciato Zambon di licenziarlo? Come stile non ho mai minacciato nessuno in vita mia, ma in pratica è impossibile per un funzionario internazionale subire una minaccia del genere senza essere tutelato, c’è un meccanismo talmente preciso e di garanzia che è impossibile. Forse Zambon lo ha detto per evitare il tentativo di un confronto diretto”.

Chi dice le bugie?

“Esisteva un piano pandemico antiinfluenzale, è stato aggiornato? Non deve chiederlo a me. A fine 2017 allerto il Ministro della Salute delle linee guida del nuovo piano per il 2018. Perché dice che io non l’ho fatto? Prima di me c’era Ruocco, lo chieda a lui se il piano è stato aggiornato o no. Io posso solo dire che il piano pandemico antinfluenzale andava radicalmente cambiato nel 2018 perché erano cambiate le stime di rischio e le procedure”.

Insomma, non si riesce a capire di chi sia la colpa e perché l’Italia abbia un numero di morti per Coronavirus così alto.

“E perché se la prende con le persone che c’erano nel 2016? Se la deve prendere con chi non ha aggiornato il piano. I protocolli negli ospedali però ci sono e sono precisi. Non sono stati applicati? Lo chieda ai sanitari”.

L’intervista si chiude con un battibecco tra Ranieri Guerra e Vittorio D’Acquarone, l’avvocato di Zambon. Il direttore dell’Oms ha negato di aver minacciato di ritorsioni e di un possibile licenziamento il ricercatore Francesco Zambon se non avesse seguito le sue indicazioni, ma D’Acquarone precisa:

“La ricostruzione dei fatti non appare completamente convincente, in particolare per quanto fosse o no informato il Ministro della Salute. Lei era stato incaricato il 9 marzo 2020 di mantenere i rapporti con il Ministro e l’Oms, lei ha seguito lo sviluppo dello studio di Zambon in modo continuativo, a lei venivano mandati i apporti scritti e faceva le conference call, tanto che quando è stato completato il rapporto si è complimentato e ha chiesto 50 copie. E poi l’11 maggio 2020 dopo la famosa email, ha chiamato al telefono il mio assistito e gli ha detto che doveva rimediare assolutamente altrimenti sarebbe stato compromettente per la sua carriera. Gli ha perfino fatto paura dicendo che stava per entrare nell’ufficio del direttore Tedros che ha il potere di licenziare chi vuole”.

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