Open, Renzi in tribunale: "I pm di Firenze hanno violato la Costituzione"
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Matteo Renzi, il leader di Italia Viva, questa mattina è entrato a Palazzo di giustizia di Firenze dove si apre oggi, lunedì 4 aprile, davanti al gup Sara Farini, l’udienza preliminare per l’inchiesta su Open.

Open era macchina da eventi che organizzava la Leopolda e che secondo la procura fiorentina era esclusivamente funzionale all’attività politica di Renzi e del Giglio magico. Secondo l’accusa la fondazione operava di fatto come articolazione del Pd renziano.

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Tra gli undici imputati lo stesso Renzi, che appena ricevuta la notifica della richiesta di rinvio a giudizio aveva firmato una denuncia (su cui è già stata formulata richiesta di archiviazione) contro i pm per presunta violazione delle prerogative dei parlamentari e abuso d’ufficio. Imputati tra gli altri anche i parlamentari Maria Elena Boschi e Luca Lotti, l’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente della fondazione, e l’imprenditore Marco Carrai.

Proprio accogliendo il ricorso di Carrai, lo scorso 18 febbraio la Cassazione ha annullato – per la terza volta e in via definitiva – i sequestri di documenti e pc subiti dall’imprenditore nella prima fase di indagini. La richiesta di rinvio a giudizio riguarda inoltre gli imprenditori Alfonso Toto, Riccardo Maestrelli, Piero Di Lorenzo e Patrizio Donnini, oltre a due manager della multinazionale British American Tobacco, Giovanni Carucci e Carmine Gianluca Ansalone. L’indagine ruota proprio attorno alla natura di articolazione di partito di Open, sempre contestata dalla difese. Ipotizzati anche alcuni episodi di corruzione a carico tra gli altri di Lotti e Bianchi.

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Intanto l’avvocato Massimo Dinoia, legale di Carrai, è intervenuto in merito alla trasmissione di atti che i pm avrebbero fatto al Copasir su richiesta dello stesso Comitato. Secondo il legale, con la sentenza della Cassazione del 18 febbraio che aveva annullato i sequestri, nei confronti della procura “era operante un doppio divieto: quello di conservare i dati nel fascicolo processuale e quello (a più forte ragione) di diffonderli a chicchesia”.

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